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La Madonna più bella di Raffaello

Fate posto al grande Raffaello!

Con queste parole Federico Augusto III, re di Polonia e Sassonia, nel 1757 accolse a Dresda questo dipinto, facendo addirittura spostare il proprio trono per poter meglio ammirare il capolavoro di Raffaello.

Ma non fu né il primo né l’ultimo ad essere stregato dalla Madonna Sistina, ancora considerata la più bella opera di Raffaello.

Ma perché, nei secoli, ha affascinato così tanti artisti, filosofi, scrittori, poeti come Goethe, Dostoevskij, Puskin, Schopenauer e addirittura Nietzsche?

Ma perché Raffaello qui ha dipinto con il cuore e, a distanza di oltre cinquecento anni, si percepisce ancora il battito di quel suo cuore.

Il dipinto si dischiude come una quinta teatrale. Un sipario verde offre il centro della scena: Maria, giovanissima, si muove verso l’esterno tenendo tra le braccia il Bambino Gesù. Lo sguardo dei due è rivolto allo spettatore che, attratto, li osserva. Una ierofania dal cielo alla terra, il cui incedere è suggerito dalle pieghe della veste mossa da un vento che soffia leggero e accompagna l’ingresso della Vergine che appare sospesa in un cielo di angeliche nuvole.

Intorno alla maternità divina, due santi con i loro attributi – a destra Santa Barbara con la torre simbolo del suo martirio seminascosta, a sinistra San Sisto in abiti papali dorati e ricamati con la tiara a terra, in senso di umiltà – creano un’ideale triangolazione di sguardi tra l’interno e l’esterno, alla presenza di due paffuti angioletti, persi nei loro pensieri e appoggiati alla cornice del quadro.

Santa Barbara è inginocchiata sulle nuvole, vestita con eleganti abiti cinquecenteschi, con gli occhi socchiusi e un volto dolcissimo rivolto in basso verso un immaginario popolo di fedeli; San Sisto, rivolgendo gli occhi in contemplazione alla sacra composizione, indica lo spettatore, quasi a chiedere la grazia per esso.

Il dipinto fu commissionato a Raffaello da Giulio II per destinarlo alla Chiesa benedettina di San Sisto a Piacenza, dedicata allo zio Papa Sisto IV della Rovere. Rimase in situ per fino al 1754 quando fu ceduta dai monaci piacentini a Federico Augusto III per 25.000 scudi romani, una cifra enorme per l’epoca che consentì all’ordine ecclesiastico di ripianare i propri debiti. Fu trafugato dall’Armata Rossa durante la Seconda Guerra Mondiale e trasferito in Russia per essere esposto nel Museo Puškin di Mosca. Grazie al Patto di Varsavia, tornò a Dresda nell’ottobre 1955 e da allora è al Gemälderie Alte Maister.

Osservando l’opera, si riconoscono i modelli e con essi la sua storia: San Sisto II altri non è che il committente Giulio II – anziano con capelli bianchi e radi sulla fronte e la barba bianca. Non distante dal celebre ritratto del Pontefice del medesimo Raffaello, oltre alla conferma data dalle ghiande ricamate sul piviale – mentre Santa Barbara potrebbe essere una delle due nipoti del papa: la giovane e bellissima Giulia Orsini o Lucrezia Della Rovere.

Ma quella Madonna per la quale Raffaello apre una “finestra aperta sul cielo”, che non ha corona, chi è? Chi è quella giovane donna vestita in modo semplice che porta in braccio il suo bambino?

Se il Romanticismo tedesco fonda l’eccezionale intensità del dipinto sull’aneddoto di un sogno rivelatore della Madonna a Raffaello, è proprio nella modella che va ricercata la verità della bellezza di quest’opera.

Ci guarda, ci scruta, ci sorride. Ci ama, anzi ama il suo pittore.

La modella era la giovanissima Margherita Luti, figlia del fornaio di Trastevere. Tra i due era appena scoccata la scintilla: lui trent’anni lei tra i tredici e i quindici.

Il dipinto comunica tutto quell’amore che fu vero, fatto di passione pura, contrastato dagli schemi sociali, nascosto, diffamato nei secoli ma finalmente reso immortale.

Una recente scoperta – è del 2020 – ha reso giustizia al divin pittore e la sua musa e Margherita Luti, la celebre Fornarina, immortalata per la prima volta dall’immenso Raffaello è il suo capolavoro che ha travalicato la dimensione religiosa per offrire un termine di paragone della bellezza umana, che diviene grazia.

Se lo spettatore verso il quale incede la Vergine Maria non è uno qualsiasi, ma Raffaello, come è giusto che sia, Margherita amata come una Madonna, andava verso il suo amore che l’aspettava per accoglierla

Un grande amore di breve respiro: sette anni dopo Raffaello, all’età di 37 anni, moriva di polmonite; due anni dopo lei, da un convento, si ricongiungeva a lui.

Anna Maria

 

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