Costruita intorno al 176 d.C. e posta non si sa bene dove, costituisce l’unico monumento equestre antico giunto fino a noi.
Ben noto il motivo: si credeva fosse Costantino, il primo (si fa per dire!) imperatore cristiano della storia. Era chiamata infatti Caballus Constatini e di conseguenza fu risparmiata dalle fonderie.
Fu posta, nell’VIII secolo, vicino al Palazzo Laterano che al tempo era la residenza ufficiale del Papa e lì vi rimase sino al 1538, quando Paolo III Farnese decise di portarla in Campidoglio.
Ma il punto di svolta avvenne in un’altra data, circa un secolo prima.
È il 1447 e un bibliotecario della Biblioteca Vaticana, studiando le descrizioni della statua nella letteratura antica, scoprì che essa non rappresentava Costantino, bensì Marco Aurelio.
Siamo nel pieno dell’Umanesimo e la statua non viene toccata: uno dei punti fondamentali del nuovo pensiero è proprio la protezione e l’ammirazione delle opere antiche.
Ma siccome la statua era un’opera d’arte pagana, si ritenne non più opportuna la sua collocazione dinanzi ai luoghi pontifici del Laterano; pertanto fu rimossa e collocata nel 1538 in Piazza del Campidoglio, sotto papa Paolo III, poiché sul colle era insediata l’autorità cittadina fin dal 1143 e costituiva, comunque, una delle piazze più importanti della Città Eterna. I nomi scritti sul basamento della statua, Agvstinvs Trincivs, Iacobvs Bvcca Bella, Caesar De Magistris si riferiscono agli assessori del tempo
Ma il Papa – umanista e letterato che volle sempre dare prova della sua grande cultura – seppe dare il giusto valore all’opera e si rivolse a Michelangelo affinché realizzasse un basamento per la statua
Michelangelo fece molto di più: la rese il perno intorno alla quale si allargava la raggiera della grandiosa Piazza del Campidoglio.
Oggi in piazza ne ammiriamo una copia perché giustamente l’originale è protetto nel museo, in un’esedra che ne esalta tutta la sua bellezza ed imponenza: nel 5,85 metri di altezza!
La scultura equestre mostra una superficie scura e a tratti sono ancora visibili tracce della patina d’oro che ricopriva la statua. Le pieghe che si formano sulla parte alta del collo del cavallo e i panneggi degli abiti dell’imperatore creano chiaroscuri netti. Il corpo del cavallo invece è modellato con volumi morbidi. Il chiaroscuro si infittisce poi tra i capelli e la barba di Marco Aurelio.
L’imperatore è raffigurato a grandezza naturale. Il punto di vista dal basso determina la monumentalità che è necessaria a sottolineare l’autorevolezza del personaggio.
La statua equestre poggia sulle tre zampe del cavallo che rappresentano gli unici appoggi della scultura.
Il protagonista della statua è l’imperatore Marco Aurelio. Nel periodo in cui visse, il II secolo, grazie al favorevole clima politico, si ebbe la diffusione della cultura e l’apertura di Roma nei confronti del mondo ellenistico. Anche lo stesso imperatore Marco Aurelio si fece influenzare dalla cultura greca, abbracciando la corrente filosofica dello stoicismo, grazie alla quale fu ricordato come l’“imperatore filosofo”.
Ma all’impegno filosofico si aggiungeva l’intensa attività militare: trascorse più tempo in accampamento che nell’Urbe.
La statua lo raffigura a volto scoperto, con la tunica ed il mantello da comandante (paludamentum), ma senza armatura o armi, non indossa scarpe aristocratiche ma sandali militari, siede in groppa al suo destriero, che ha una zampa sollevata e sembra procedere in avanti. In verità quella zampa ci dice ben altro: il suo condottiero morì per le ferite riportate in battaglia e così fu, infatti: Marco Aurelio morì nella città-accampamento di Vindobona (Vienna) o sul fronte sarmatico (nell’attuale Serbia). Il cavallo porta un morso e indossa un prezioso sottosella. Il braccio destro dell’imperatore è teso leggermente in alto con la mano semiaperta: è il gesto dell’adlocutio, tipico dei comandanti che parlano ai soldati; l’umanista fiorentino Poliziano, vissuto nel XV secolo, lo ha interpretato come un gesto di pietà: tale ipotesi è rafforzata dalla somiglianza della gestualità con quella di diverse statue raffiguranti Augusto. La mano sinistra reggeva le redini del cavallo (perdute) ed indossa un anello d’oro da senatore.
Insomma è una statua che rimanda al potere e alla grandezza divina.
L’assenza di armi comunica un generale sentimento di pace e di benessere, connesso al lungo ed intenso periodo di pax romana che stava vivendo la città proprio sotto Marco Aurelio: grazie sua alla politica interna moderata, le guerre venivano combattute unicamente al di fuori dei confini dell’Impero.
A lui sono ascrivibili l’istituzione dell’anagrafe e la costruzione di grandi opere di pubblica utilità.
Ma se la copia che abbiamo oggi sulla piazza del Campidoglio è stata creata per non rinunciare allo scenografico effetto progettato da Michelangelo, pur preservando l’originale dalle intemperie, lo stesso non si può dire per altre copie che si possono ammirare fuori dai confini.
Sì, sì, copie non ispirazioni come il Monumento Equestre al Gattamelata di Donatello a Padova.
Passeggiando per le vie di Providence, nello stato USA dello Rhode Island, ci possiamo imbattere in un Marco Aurelio lì posto nel 1908; lo stesso vale se una passeggiata è più “nostrana”, per modo di dire. E sì, perché un’altra copia del Marco Aurelio è a Tulln, in Austria.
Siamo orgogliosi, allora: il Marco Aurelio è un simbolo importante, rappresentativo dell’Italia. Non a caso ne abbiamo la presenza sul retro della moneta da 50 centesimi, con tanto di Piazza a raggiera!
Anna Maria
Visita guidata tematica: I Musei Capitolini, il museo dei musei