Una curiosa leggenda accomuna Roma a Siena ed è all’origine del nome della città toscana: Senio
Chi era Senio?
Era uno dei due figli di Remo che, alla morte del padre, insieme al fratello Aschio, temendo di essere ucciso, fuggì da Roma portando con sé la statua della Lupa. Arrivati in terra toscana, i due fratelli fondarono una città che prese il nome dal maggiore, Senio.
Oggi noi la chiamiamo Siena ed è città ben nota per il suo Palio, ma tanti sono i tesori di questa cittadina, vivibilissima e affascinante.
Il Duomo, uno dei capolavori assoluti del medioevo italiano, che lascia ancora oggi a bocca aperta e che è il luogo nel quale gli abitanti di Siena si ritrovavano mettendo da parte le rivalità, le divisioni, i conflitti.
Conflitti, bonari, s’intende.
Sono le rivalità delle 17 contrade in cui è divisa la città e che animano il famoso Palio, l’evento ludico di cui si ha traccia sin dal 1200. Quando Siena divenne una delle più ricche e colte città dell’Europa del Medioevo, il Palio fu un evento di forte richiamo e il momento conclusivo dei festeggiamenti in onore di Maria Vergine Assunta, patrona di Siena, era ed è il momento culminante della festa, con la cerimonia dell’offerta dei ceri e dei censi in Cattedrale, rito insieme religioso e politico.
La Piazza del Campo è uno dei più straordinari esempi di architettura medievale al mondo. Particolarissima è la sua struttura: vista dall’alto sembra una grande conchiglia di 333 m di circonferenza. La piazza scende progressivamente, seguendo il dislivello del terreno dell’antico campo, da cui poi prende il nome. La leggera pendenza rende ancora più imponente la sagoma del Palazzo Pubblico con la Torre del Mangia, mentre tutta la piazza è accerchiata dalle belle e imponenti facciate dei palazzi nobiliari. Il rito turistico per eccellenza prevede che ci si sieda a terra ad ammirare il pezzo di cielo che si apre sopra la piazza.
Dal 1300 è il centro della vita di Siena ed ha svolto la funzione di mercato e luogo di raccolta dei Senesi durante momenti politici importanti, feste e giostre. Come accade ancora due volte l’anno durante il famoso Palio.
È suddivisa e 9 spicchi che convergono verso il palazzo pubblico, il cuore pulsante di Siena per tanti secoli.
Nel Duecento Siena era una delle più importanti città d’Italia e rivaleggiava con Firenze per il dominio sulla Toscana. Siena è stata per molto tempo, non solo una delle città più ricche e importanti d’Europa, ma anche una delle più vivaci culturalmente. Sulla Piazza del Campo hanno passeggiato artisti come Simone Martini, Duccio di Boninsegna, ma anche Dante, Petrarca, Boccaccio e, soprattutto, un personaggio molto particolare, un poeta fiore all’occhiello della Siena medievale: Cecco Angiolieri che amava la bella vita, le belle donne e amava circondarsi di tanti amici, famoso anche per la rivalità con Dante, con il quale – si racconta – si scontrò addirittura in una gara di sonetti.
Chi non ricorda questo sonetto che traduce tutta la filosofia di vita del burlone Cecco?
S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempesterei;
s’i’fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
A tutti mozzarei lo capo a tondo.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente farìa da mi’ madre.
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui
Ma tornando al Duomo, che custodisce la reliquia (il braccio) di San Giovanni Battista, è un novero infinito di bellezze: non a caso nel biglietto d’ingresso si legge COMPLESSO MONUMENTALE DEL DUOMO DI SIENA.
C’è un pulpito, di rara bellezza, capolavoro di Nicola Pisano, esempio lampante di una Biblia Pauperum
E sul fianco sinistro della Cattedrale si erge un insigne monumento che ha trovato posto nei locali della vecchia canonica.
Il committente fu Francesco Tedeschini Piccolomini, arcivescovo di Siena e poi Papa Pio III, che per conservare il ricco patrimonio librario dello zio materno Enea Silvio Piccolomini, già Papa Pio II, commissionò al Pinturicchio dieci scene celebrative della vita e degli atti del pontificato dell’insigne zio sullo sfondo di evocativi paesaggi, raffinate architetture e cerimoniali fastosi.
Entrare nella Libreria Piccolomini è una profonda emozione: ovunque echeggia la presenza di Raffaello che ha collaborato, ancora giovanissimo, alla realizzazione di quegli affreschi eseguiti con colori brillanti, inseriti in pastiglia dorata
La Libreria Piccolomini fu il luogo in cui si incontrarono per la prima volta quei due giovani artisti dal genio vivace che dopo qualche anno si sarebbero ritrovati, entrambi maestri stimati, liberi di manifestare al massimo le loro potenzialità: i due geni sono Raffaello e Baldassarre Peruzzi, il luogo romano della loro massima espressione è Villa Farnesina.
Tutto torna a Roma e tutto viene da Roma, come abbiamo visto nell’incipit di questo articolo.
Insomma, tornando alla leggenda della fondazione di Siena, questa è documentata nel pavimento del Duomo
Questo pavimento è ormai opera celeberrima, ma è errato pensare che sia possibile ammirarlo sono in alcuni giorni dell’anno
Il pavimento si mostra in tutta la sua bellezza sempre: solo alcuni pannelli hanno la visione limitata
È per più versi opera eccezionale, unica, che risplende di divina bellezza. “È il pavimento il più bello, grande e magnifico che mai fosse stato fatto” secondo la definizione di Giorgio Vasari
È un capolavoro unico al mondo. Si tratta di 56 cosiddette “tarsie” messe sul pavimento, come se si fossero realizzati dei quadri enormi; la tecnica è quella del “commesso marmoreo”, accostamenti sulla base delle sfumature del marmo stesso per realizzare volti e paesaggi. Sono state realizzate dal 1300 al 1800 e una sola ha una firma famosa, quella del Pinturicchio. Le altre sono tutte opere di artisti locali, ma sono dei capolavori unici al mondo, a testimonianza della genialità dei Senesi, ma anche in generale della genialità italiana.
Sul pavimento, sono rappresentate delle scene per lo più pagane, molte delle quali sono dedicate a figure legate alla storia di Siena.
La tradizione vuole che l’invenzione della decorazione marmorea spetti al caposcuola della pittura senese Duccio di Buoninsegna, anche se non esiste alcuna prova documentale. Le più antiche testimonianze legano l’inizio dei lavori ad un periodo successivo, infatti, cioè verso il 1369, quando sono ricordati dei pagamenti ad artisti pressoché sconosciuti per la realizzazione dei primi episodi raffigurati. Nelle tre navate il percorso iconografico si snoda attraverso temi relativi all’antichità classica e pagana, con la rappresentazione di saggi, filosofi e delle sibille.
La quarta tarsia lungo la navata centrale è quella eseguita dal Pinturicchio tra il 1505 e il 1506. È certamente una delle più vivaci per i diversi tipi di marmi impiegati e rappresenta una colta allegoria ispirata al pensiero filosofico degli antichi e ai principi dell’Umanesimo.
Ogni scena fa parte di una rappresentazione della Salvezza nei vari aspetti. Il tutto ha inizio dalle figure sul sagrato esterno (simbolo di ebrei e pagani), che sono escluse dalla salvezza e quindi restano fuori dall’edificio sacro, e dai tre ordini dei presbiteri che introducono il fedele mediando la sua partecipazione alla rivelazione divina.
All’interno, davanti al portale centrale, Ermete Trismegisto, legislatore egiziano, simboleggia l’inizio della conoscenza terrena, quella del mondo antico, con un libro che simboleggia Oriente e Occidente, nonché riporta parole legate alla creazione del mondo. Ermete, denominato Trismegisto, ovverosia il tre volte grande, viene ricordato come il fondatore della Sapienza umana. Un’iscrizione incisa a destra del personaggio spiega come Ermete abbia intuito il mistero fondamentale del Cristianesimo, ovvero la nascita del figlio dal padre. Il programma iconografico che mette Ermete Trismegisto assieme alle Sibille rappresentate nelle due navate laterali, si ispira il quarto libro delle Divinae Istitutiones di Lattanzio, un autore latino-cristiano.
Non sarà arduo riconoscere nelle profezie delle sacerdotesse un preciso disegno cristologico, che rappresenta la premessa ad un itinerario iconografico verso l’altare.
Le sibille, eseguite tra il 1482 al 1483, sono in tutto dieci, cinque per ogni navata e derivano il loro nome dai luoghi di pertinenza geografica: Sibilla Persica, Eritrea, la Frigia ecc.
In via ipotetica si crede che le prime rappresentazioni possano essere legate a riquadri della navata centrale: tra queste, la Lupa senese; al tondo con la Lupa se ne connettono altri otto che mostrano i simboli delle città alleate.
Lupa senese, Lupa capitolina, perché a Roma tutto ebbe inizio!
Anna Maria