Tante sono le icone mariane e hanno tutte origini antichissime. La tradizione le riconduce alla mano dell’evangelista Luca, che oltre ad essere “scrittore” fu anche pittore.
Questa tradizione è stata rafforzata da molti artisti che hanno spesso raffigurato l’Apostolo intento a dipingere il volto della Madre di Dio. La leggenda nasce probabilmente dal fatto che Luca è l’Evangelista che ha narrato la nascita di Gesù e di conseguenza vicende della vita di Sua Madre, tant’è che viene considerato il biografo di Maria, benché alcuna biografia della Madre del Salvatore sia contenuta nei Vangeli.
Infatti, le icone attribuite a Luca Evangelista sono state tutte realizzate nel Medioevo e diversamente non poteva essere, visto che il culto di Maria è molto tardo e che l’onore degli altari Le è stato conferito solo alla fine del VI secolo.
Non a caso, le prime immagini di Cristo sono ben diverse da quelle tradizionalmente a noi note: spesso raffigurato come un ragazzo dall’aspetto quasi femmineo, perché rappresentante entrambe le sfere dell’umanità.
D’altra parte nessuno dei quattro vangeli descrive Gesù in modo dettagliato.
Bisogna pertanto attendere l’affermazione del cristianesimo che ha fatto superare l’avversione giudaica verso le immagini, tendendo invece – e paradossalmente – verso l’abitudine pagana della rappresentazione. Questo perché il cristianesimo ha riconosciuto nell’immagine non solo un elemento culturale e liturgico, ma anche un forte strumento di evangelizzazione
E così l’immagine di Gesù passa dal cosiddetto “Cristo Alessandrino” – più vicino al classico modello statuario greco, giovane e imberbe – al Cristo Siriaco, dai capelli lunghi con una riga in mezzo e la barba, tendente all’impostazione estetica degli imperatori bizantini. Di conseguenza, prende forma anche il volto prototipale di Maria come Theotokos, ovvero di Madre di Dio.
Esistono varie tipologie di icone che identificano la modalità di rappresentazione della Madonna e Roma è custode delle cinque più antiche; sono: la Madonna del Conforto a Santa Maria in Nova, la Madonna di San Luca a Santa Maria ad Martyres (Pantheon), la Madonna Monasterium tempuli a S. Maria del Rosario a Monte Mario, la Madonna Salus populi romani a Santa Maria Maggiore e la Madonna della Clemenza, il cui miracolo ha cambiato la dedicazione della chiesa primaria dedicata a San Callisto suo “fondatore” in Santa Maria in Trastevere e la cui vicinanza all’ascesa del cristianesimo è uno dei motivi per cui si credeva che fosse un’immagine divina (acheropita).
È una “Basilissa”, realizzata con la tecnica dell’encausto su tela fissata su tavole di cipresso. La Vergine, con il Bambino seduto e gli attributi di Regina, è raffigurata tra due angeli in piedi dietro al trono. “Basilissa” o Regina: è interessante notare come indossi le stesse vesti che l’imperatrice Teodora ha nei mosaici di Ravenna, di colei cioè che tanto spinse affinché anche Maria avesse l’onore dell’altare.
La Madonna è dunque raffigurata come la Regina del Cielo, in abito regale, appunto, seduta su un trono e completa di una corona ricoperta di perle. Il Bambino Gesù è vestito con abiti viola simili a quelli della Madre, benché probabilmente fossero originariamente color oro. Sia Maria che il Bambino hanno aureole dorate. Maria è seduta e tiene in un braccio suo Figlio e nell’altro una croce. Questa posa è insolita poiché è usuale che Maria tenga Gesù in modo più sicuro: qui invece il Bambino siede eretto in grembo, con la mano di lei probabilmente solo sulla sua coscia.
In basso rivolto verso lo spettatore, sebbene il dipinto sia molto consumato, inginocchiato ai piedi della Vergine si nota la figura di un pontefice: è quello che si crede essere papa Giovanni VII.
È la prima volta che si vede raffigurato il committente. E tanto è importante questa “presenza”, che ha consentito la datazione della tavola, deducendola cioè dallo stile della figura del papa e consentendo una collocazione cronologica tra la fine del VII secolo e la prima metà del VIII.
Anche l’origine del dipinto è dibattuta tra gli studiosi, ma si ritiene che sia stato prodotto a Roma, forse proprio su commissione del papa Giovanni VII (705-707), di etnia greca, il che aiuterebbe a spiegare gli elementi bizantini particolarmente forti.
La tradizione la considera questa immagine miracolosa: si racconta che durante una terribile siccità a Roma, fu portata in processione per le vie della città e appena i fedeli tornarono nella Basilica con l’immagine sacra, si addensarono le nuvole che dettero finalmente luogo alla tanto attesa pioggia.
Tanto forte fu il rapporto popolare con questa immagine sacra che alla fine del XVI secolo la si volle collocare in una cappella finemente decorata. Ma all’origine di questa commissione ci fu una speranza disattesa, una speranza di “clemenza”: l’elezione di Papa Sisto V fu caratterizzata dalla lotta al potere delle famiglie nobili romane e moralizzatrice dei costumi.
In particolare Papa Sisto inveì contro il cardinale Marco Sittico Altemps, nipote di Pio IV Medici, in quanto “colpevole” di essere stato uno dei suoi oppositori nel corso dell’ultimo conclave che l’aveva portato all’ascesa al soglio.
La sua “vendetta” colpì il cardinale trasversalmente, ma nell’affetto più caro: il figlio Roberto che, con un processo montato ad hoc, venne accusato (appena ventenne e convolato a nozze da dieci anni!) di adulterio e condannato a morte per decapitazione. Alle suppliche del padre cardinale il pontefice rispose sprezzante: “non vi può essere alcuna clemenza per chi infrange le leggi, anche se giovani, nobili o prelati“
Marco Sittico Altemps dette incarico a Martino Longhi il Vecchio che progettò la cappella, la cui decorazione fu affidata a Pasquale Cati, allievo del Cavalier D’Arpino. Sulla volta le storie della Vergine, alle pareti laterali episodi rilevanti del pontificato di Pio IV, il papa-zio, e come pala d’altare la Madonna della Clemenza.
Non si riprese mai dalla morte dell’amato figlio, ma sopravvisse al papa nemico per ben 5 anni!
Anna Maria
Visita guidata tematica: Tesori nascosti a Santa Maria in Trastevere