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Adriano, i due volti di un imperatore

L’imperatore Adriano è noto per la sua personalità complessa e per la sua passione per la poesia, le arti in generale e la sua profonda ammirazione per la filosofia e la cultura

Quello pieno di luce è senza dubbio il vero volto di Adriano. Tuttavia, le fonti antiche ce ne consegnano un altro: secondo la Historia Augusta, ad ogni sua virtù corrispondeva il vizio opposto, così da essere nel contempo severo ed amichevole, lascivo e moderato, avaro e generoso, simulatore e sincero, crudele e clemente.

Noto per la sua magnifica eloquenza, è ritenuto uno degli uomini più talentuosi di tutta la storia romana.

Nacque il 24 gennaio 76 d.C. ad Italica, nella colonia romana che corrisponde all’attuale regione spagnola dell’Andalusia. Nella sua famiglia di rango senatorio ci furono molti soldati, tutti di rinomata carriera militare. Anche suo padre era un valente soldato ma morì quando Adriano aveva solo 10 anni. Secondo la tradizione romana, fu nominato tutore il parente più prossimo, il cugino del padre Traiano, che istruì Adriano in varie materie comuni ai giovani aristocratici dell’epoca.

Gettando le basi di quella cultura vastissima che lo rese immortale agli occhi dei posteri, Adriano eccelleva in una disciplina su tutte: la letteratura greca, tant’è che fu soprannominato “Piccolo Greco”.

Raggiunta l’età adulta, accompagnò Traiano nelle sue campagne militari, nonostante preferisse condurre una vita con poche responsabilità, prediligendo andare a caccia o godere di altri lussi della vita civile. Il suo ruolo era Comes, cioè ufficiale del seguito, e le cronache raccontano che si adoperò molto per compiacere il suo tutore, condividendo le sue abitudini, compresa quella di bere vino.

Fu così che quando aveva solo 16 anni, Traiano gli procurò una magistratura minore a Roma, facendolo entrare nel Collegio dei Dieci Giudici che si occupavano delle dispute ereditarie.

La carriera militare che seguì lo portò in varie provincie, facendo emergere le sue doti di generale.

Traiano era stato adottato dal fragile e anziano imperatore regnante Nerva e la notizia della morte di questi al nuovo eletto volle riferirla personalmente Adriano, innescando una specie di gara con Serviliano, che aveva già tentato di metterlo in cattiva luce rivelando a Traiano sue presunte spese pazze e debiti. Serviliano addirittura sabotò la carrozza di Adriano che fu costretto a proseguire a piedi pur di arrivare per primo da Traiano in Germania e riferirgli la notizia, vincendo così una strana partita di adulazione.

L’azione riuscì ad avvicinarlo ulteriormente Traiano che però tardava nell’adottarlo, complice il carattere mutevole di Adriano, che forse impediva a Traiano di fidarsi senza riserve di lui. Ed è qui che entrò in scena il personaggio decisivo nella vita di Adriano, la moglie di Traiano, l’Imperatrice Plotina, che aveva sviluppato per Adriano un affetto materno che colmava in parte il suo desiderio disatteso di maternità. Fu Plotina che, vincendo le resistenze del marito, nel 100 d.C. organizzò le nozze tra Adriano e la nipote Viba Sabina.

Questo matrimonio accelerò il cursus honorum di Adriano che nel 114 d.C. occupava una posizione chiave come governatore dell’importante provincia militare della Siria.

Tuttavia non c’erano segni immediati che garantissero di vederlo erede e, nonostante il dono del diamante imperiale, l’adozione non arrivava. Certo, arrivarono cariche ed onori: Adriano fu tribuno della plebe e poi console e, in virtù del suo amore per la Grecia, Atene gli conferì la carica più alta della città e lo nominò arconte.

Adriano era greco, non solo per l’amore per quella cultura, ma anche nell’aspetto: alto ed elegante, con i capelli ondulati e la barba per nascondere le imperfezioni del viso; andava a cavallo e marciava molto, tenendosi allenato nell’uso delle armi.

È il 117 e Traiano, durante il suo ultimo viaggio, muore. Ci dice Cassio Dione: “La morte di Traiano venne tenuta nascosta per alcuni giorni affinché si diffondesse prima la notizia dell’adozione di Adriano. Ciò fu evidente anche dalle lettere di Traiano al Senato, non firmate da lui, ma da Plotina”

Secondo Cassio Dione, Plotina manomise le lettere con cui Traiano in punto di morte adottò Adriano comunicandolo al Senato. Secondo la Historia Augusta l’adozione fu proprio una manovra di Plotina post mortem imperatore, addirittura facendo imitare la voce del marito morente.

Fatto sta che Adriano fu Cesare e l’artefice fu Plotina. Nelle sue mani un impero alla massima estensione.

Forse per fugare ogni dubbio, Adriano fece divinizzare subito Traiano e, per non offuscare la memoria del padre adottivo, rifiutò i titoli e gli onori che il Senato voleva tributargli. Quei senatori volevano semplicemente adularlo, visto che erano gli stessi che si erano opposti alla sua elezione, perché ritenevano disdicevole avere come imperatore un uomo con un accento straniero. E così lasciando credere che l’ufficializzazione del Consilium Principis, l’organismo di consiglieri del principe creato da Augusto – rimasto di fatto ai margini delle istituzioni per più di un secolo – conferisse maggior prestigio al Senato, di fatto ne diminuì il potere, perché il Senato non poteva più decidere senza il suo consenso.

Parimenti, eletto, Adriano conquistò subito la benevolenza del popolo, varando una serie di riforme tese a distribuire meglio la ricchezza e a migliorare le condizioni di vita dei più umili.

Uno dei suoi primi atti di governo fu quello di proibire ai padroni di uccidere gli schiavi, assegnando il compito di giudicarli ai magistrati e, in assenza di una giusta causa, vietò che potessero essere venduti come gladiatori e come prostitute.

Adriano credeva anche che fosse importante essere modesti, per questo, quando partecipava alle campagne militari, mangiava lo stesso cibo dei suoi soldati, dormiva in tende comuni e marciava con loro invece che a cavallo.

Si rese conto che governava un impero troppo esteso: dall’Atlantico all’Oceano Indiano, dal Mare del Nord al Deserto del Sahara, con una popolazione che superava i 60 milioni di abitanti. Un territorio enorme e indifendibile e per questo rinunciò all’espansionismo di Traiano. Usò la diplomazia, perseguì la pace e rafforzò i confini.

L’opera che meglio riassume questa politica è una linea di fortificazioni in Britannia che prende il suo nome, il Vallo di Adriano. Ma non è soltanto un’opera difensiva: fu l’occasione per dare lavoro, creare nuovi villaggi a ridosso del muro, alimentare i contatti; tutte le città dell’Impero vennero abbellite da terme, biblioteche, portici, scuole, teatri. L’intenzione era quella di far sentire tutti gli abitanti dell’impero cittadini di Roma e mostrare ai popoli potenzialmente nemici quanto fosse migliore lo stile di vita romano e quanto fosse conveniente aderirvi. Meglio godere delle bellezze e delle comodità di Roma, piuttosto che aggredirle.

Bellezze e comodità che Adriano riassunse nella magnifica Villa che edificò a Tivoli. Si stima un’estensione di 300 ettari, una sorta di città in miniatura completamente autonoma, con tre complessi termali, un imponente palazzo imperiale, un teatro, un’arena per i giochi e un alloggio per le sue guardie del corpo elegante e confortevole, un atto di amore per ricambiare la devozione con cui era servito. Insomma, un’abbondanza che rende l’idea di come Villa Adriana fosse il suo ultimo accampamento nomade, nel quale, come un souvenir, riprodusse quello che più aveva ammirato nei suoi viaggi di ampio respiro che iniziarono in Gallia nel 121 e si conclusero oltre 10 anni dopo. Non semplici escursioni: furono viaggi mirati a raccogliere informazioni sui vari problemi delle provincie e a migliorarne le condizioni. Anticipando Goethe e gli altri protagonisti del Grand Tour, cercò l’emozione estetica del paesaggio, navigò verso la Sicilia e scalò l’Etna per vedere l’alba dai mille colori, come un arcobaleno.

Ma per l’onor del vero di quel che è l’incipit di questo racconto, a tale magnanimità fece da contrappeso una crudeltà senza eguali che portò a una strage umana che raggiunse le 580.000 vittime.

Per ridare vigore alla Giudea messa in ginocchio dalle devastazioni della prima guerra giudaica, Adriano rifondò Gerusalemme, cambiandole il nome in Colonia Elia Capitolina e sul Monte del Tempio, il luogo più santo dell’ebraismo, fece costruire un tempio dedicato a Giove. A questo aggiunse il divieto, per motivi igienici, di praticare la circoncisione. Gli Ebrei, non sopportando le offese ai loro simboli più sacri, si ribellarono. Il capo della rivolta si chiamava Simone Bar-Kokhba, ritenuto il Messia destinato a liberare il suo popolo. La guerra durò circa tre anni, dal 132 al 135. I Romani fecero terra bruciata e sterminarono le comunità ribelli. Cinquecentottantamila morti e quasi tutta la Giudea trasformata in un deserto.

L’inizio della guerra fu nello stesso anno in cui aveva perso Antinoo, l’unico vero amore della sua vita. Un animo ferito, lacerato dal dolore, incattivito dalla morte di Antinoo, condusse quel conflitto.

Adriano aveva conosciuto il tredicenne Antinoo in Bitinia, regione dell’Anatolia, nel 123, perse la testa, lo fece entrare nel suo seguito e non se ne separò più. Solo 13 anni e la legge romana, la sua legge, puniva come stupro i rapporti con minorenni liberi. Ma l’imperatore ignorò la legge, la sua legge.

Le uniche immagini che ritraggono insieme Adriano e Antinoo sono scolpite nei tondi inseriti nell’arco di Costantino a Roma, dove i due vanno a caccia di orsi, cinghiali e leoni.

Nel 132 sono insieme in Egitto e durante una navigazione sul Nilo, Antinoo cadde nel fiume e morì.

Incidente? Suicidio? Per salvare il suo Adriano? O si è sacrificato per prolungare la vita dell’imperatore malato? Oppure fu tolto di mezzo da una congiura di palazzo, forse guidata dall’Imperatrice Sabina, messa in moto dal timore che Adriano adottasse Antinoo e l’impero finisse nelle mani di un giovane senza esperienza di governo e dalle origini oscure?

Fatto sta che Adriano era disperato. Fondò la città di Antinopoli nel luogo della morte del ragazzo, lo divinizzò e ne istituì il culto riempiendo l’impero di statue, vasi, monete che lo ritraevano. Gli dedicò giochi atletici, un fiore e una stella presero il nome di Antinoo. Questa reazione di Adriano, che rafforza l’ipotesi del suicidio rituale, irritò moltissimo i sudditi.

Quando morì sua moglie Sabina si sparse la voce che l’avesse avvelenata. L’avvelenamento di Sabina è solo una voce, certo è che il matrimonio tra i due fu un covo di odio e mai di amore.

Senza figli né discendenti diretti, Adriano scelse come erede, pare per la sua bellezza e contro il parere di tutti, Lucio Ceionio Commodo (noto come Lucio Elio Cesare), che però gli premorì. Venne adottato allora un senatore di grande reputazione, Antonino Pio, con l’obbligo di adottare a sua volta Marco Aurelio e il figlio di Commodo, Lucio Vero.

Sistemata la successione per due generazioni, nel 138 a 62 anni d’età, dopo vent’anni di Regno, Adriano si spense a Baia, in Campania, componendo sul letto di morte dei versi riportati dalla Historia Augusta e resi famosissimi da Margherite Yourcenar

Piccola, anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora ti appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti”

Da Baia le ceneri di Adriano tornarono a Roma e trovarono posto nel grande mausoleo che lui fece costruire lungo le sponde del Tevere, sul modello di quello di Augusto e che noi oggi, dopo vari cambi di destinazione d’uso, conosciamo come Castel Sant’Angelo.

Il suo ultimo viaggio non fu semplice, perché al momento della sua morte Adriano era così detestato che il Senato tentò addirittura di negargli gli onori funebri riservati ad un Imperatore.

Adriano, artista e principe, provinciale per nascita, romano per cittadinanza, ateniese per elezione, incarnò come nessun altro la sintesi delle varie anime del mondo antico, latine, elleniche e mediterranee. Sempre in ogni occasione mutevole.

Nella sua Villa, frutto del suo geniale ingegno, ha raccolto la bellezza del mondo antico, dove tanto soldato quanto intellettuale, verso la fine dei suoi giorni, ormai malato, ha meditato sull’amore e sull’odio, sul presente e sull’eternità che passa in rassegna le avventure di una vita gloriosa.

Esplorando Villa Adriana emerge il carattere ricco di contrasti di Adriano e per certi versi anche le sue architetture riflettono, come in uno specchio magico, i due volti dell’imperatore.

Anna Maria

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