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Come nasce un Pontefice. La storia del Conclave

A partire dal I secolo d.C. e per molto tempo, la scelta del vescovo di Roma avviene in modo analogo a quello che regola l’avvicendamento dei vescovi delle altre comunità cristiane. Clero e popolo partecipano in diversi modi all’elezione del successore di Pietro. Tuttavia, l’acclamazione altro non è che una conferma della designazione fatta dal Papa morente che indica un suo successore.

Il sistema della designatio ha ceduto il posto a un’elezione vera e propria che nel corso degli anni ha ristretto il numero dei votanti. Con il trascorrere dei secoli, infatti, e nonostante lo spostamento del potere politico da Roma a Costantinopoli, il crescente prestigio della Chiesa romana induce il potere imperiale a intervenire sull’elezione del suo vescovo.

Con l’incoronazione di Carlo Magno nella notte di Natale dell’800 e la successiva ascesa al Sacro Romano Impero di Ottone I nel 962, il controllo imperiale diventa stringente. È a questo periodo che risale l’usanza di assumere il nome pontificale: i papi, di fatto, sono sempre stranieri e assumere un nome italiano li rende meno invisi al popolo. Formalmente l’elezione pontificia rimane libera, ma è di fatto subordinata all’approvazione della corona e l’eletto deve giurare fedeltà all’imperatore. Così, intorno all’Anno Mille, la Chiesa interviene per ristabilire il proprio primato.

Con la bolla In nomine Domini, promulgata nel 1059, Nicolò II circoscrive il diritto di eleggere il nuovo Papa ai cardinali vescovi, cioè al clero romano. La drastica riduzione del corpo elettorale ha l’obiettivo di sottrarre il pontificato al controllo politico di forze estranee alla Chiesa. Ma nel corso del secolo successivo, la mancanza di alcune precisazioni nel decreto di Niccolò II, come ad esempio il numero minimo dei voti necessari all’elezione, facilitano la crescita del fenomeno delle duplici elezioni e, in cento anni, accanto a 14 pontefici legittimi si contano ben 11 antipapi.

Tutto cambia quando Papa Alessandro III, con il canone Licet de evitanda discordia promulgato nel Concilio Lateranense III del 1179, introduce norme più precise. Per un’elezione valida viene richiesta la maggioranza dei due terzi dei votanti. L’introduzione di una maggioranza così larga, se da una parte pone un freno alle elezioni duplici, dall’altra rende spesso difficili e laboriose le convergenze degli elettori.

Per l’elezione di Innocenzo III nel 1194, i cardinali si pongono volontariamente in una situazione di clausura per poter discutere della sostituzione del Pontefice in modo più libero e sicuro. Nell’occasione vengono introdotte alcune novità, come l’uso di schede elettorali per il voto scritto.

Ma la caratteristica che ancora oggi colpisce di più l’immaginario, e cioè l’idea dei dignitari ecclesiastici chiusi cum clave – cioè sottochiave – per scegliere il Papa in tempi brevi, si afferma attraverso una serie di passaggi.

Per la prima volta nel 1216, quando si deve leggere il Papa, i cardinali riuniti a Perugia, per accelerare le procedure, vengono chiusi dentro una stanza. L’idea riscuote successo, ma trova anche applicazioni efferate, come quando nel 1241 il senatore di Roma Matteo Rubeo Orsini chiude i cardinali in una galera sul Monte Palatino. L’elezione durerà abbastanza poco ma sarà fatta in condizioni estreme, tant’è che l’eletto Celestino IV sopravviverà appena 16 giorni alla fine della carcerazione.

Più tardi, nel 1268, quando Papa Clemente IV muore a Viterbo, si verifica un altro episodio clamoroso: poiché i cardinali per un intero anno non si sono accordati sul nome del nuovo Papa, si decide di non farli più uscire dalla città e poi addirittura di “murarli” dentro un palazzo, scoperchiando appena una parte di tetto per far passare loro il cibo. Nonostante queste misure drastiche, ci vorranno ben 1006 giorni per fare il nuovo papa. L’eletto è Tedaldo Visconti, che assume il nome di Gregorio X. Sarà lui, memore dei patimenti, che in un Concilio provvederà a fissare alcune regole per questa chiusura cum clave, mirata sì a garantirne l’efficacia ma anche evitando gli eccessi.

Sempre nel Duecento, altro conclave singolare. È il 5 luglio del 1294 e i cardinali, all’epoca solo 12 – anzi 11 perché uno morì in itinere conclavis – sono riuniti dalla morte di Niccolò IV, avvenuta ben due anni prima. Ma a quel concave partecipa anche Carlo II d’Angiò, re di Francia e di Napoli, che vuole assolutamente che si elegga un Orsini, un tal Matteo. Pietro da Morrone allora, dal suo eremo, invia una lettera al conclave dicendo che quel che sta avvenendo è vergognoso in quanto è inconcepibile che un laico possa decidere chi debba essere il nuovo Papa e predice “gravi castighi” alla Chiesa se questa non provvederà a scegliere subito il proprio pastore. La profezia viene inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presenta all’attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, è nota a tutti i regnanti d’Europa e tutti parlano di lui con molto rispetto.  È così che il monaco eremita Pietro Angelerio da Morrone riceve la visita degli 11 cardinali in conclave nella Basilica di Collemaggio a L’Aquila, da lui costruita (proprio con le sue mani!) e il 29 agosto 1294 viene incoronato Papa. Lui accetta, piuttosto inconsapevole delle incombenze, però.

Il meccanismo del conclave, così come si delinea nel corso del Medioevo, inizialmente non funziona molto bene, anzi produce il più grande dei disastri: lo scisma d’Occidente. Nel 1378 alla fine del papato ad Avignone, il popolo romano acclama un Papa romano, o almeno italiano. Così avviene e il conclave del 1378 elegge Bartolomeo Prignano, Papa Urbano VI, ma una parte dei cardinali sostiene che l’elezione sia stata viziata dalla paura e si rifiuta di obbedire al Pontefice. In poco tempo si arriva a due Papi, poi addirittura a tre.

Il Concilio di Costanza gioca la svolta decisiva: Papa Gregorio XII pronuncia le sue dimissioni e Benedetto XIII, l’antipapa, è deposto dal Concilio. A questo punto Ottone Colonna viene eletto papa all’unanimità dopo tre giorni di conclave. È l’11 novembre 1417, festa di San Martino, e il nuovo Pontefice è Martino V che ricomporrà l’unità della Chiesa.

Ma le difficoltà della Chiesa non finiscono qui!

Il XVI secolo le fa affrontare la riforma di Lutero e il tentativo di “riparazione” della terribile frattura sarà il Concilio di Trento, aperto da Papa Paolo III Farnese che vedrà l’avvicendarsi di diversi papi tra il 1545 e il 1563. In questo secolo si stabilisce anche che i cardinali di Santa Romana Chiesa debbano essere 70, visto che si era arrivati concedere la porpora anche ai bambini. Questo limite resterà in vigore fino al 1958, quando Papa Giovanni XXIII decide di superare quel tetto, fino ad arrivare a quello attuale.

Ulteriori scosse arriveranno con la Rivoluzione Francese e l’ascesa di Napoleone Bonaparte, fortemente anticlericali.

Dal 1823 al 1870 i conclavi si sono tenuti al Quirinale, all’interno della Cappella Paolina. Sono stati ben quattro e hanno visto le elezioni di Leone XII, Pio VIII, Gregorio XVI e Pio IX.

Poi il Palazzo, adottato come residenza del Pontefice sul finire del 1500, divenne quella del Re d’Italia prima e del Presidente della Repubblica poi. Durante i quattro conclavi veniva murata la finestra il cui balcone si affaccia su Piazza del Quirinale, per simboleggiare l’isolamento del collegio cardinalizio dai condizionamenti del mondo esterno, secondo la formula dell’extra omnes. Una volta eletto il nuovo Pontefice, questo muro transitorio veniva smantellato per comunicare al popolo di Roma la l’avvenuta elezione per permettere al neoeletto di benedire la folla per la prima volta. Il rumore dei mattoni che cadevano annunciava al popolo che il Papa era stato eletto. La fumata infatti è un’istituzione posteriore e solo l’elezione del 1914 – Benedetto XV – ebbe l’istituzione della doppia fumata. 

L’ultima ingerenza nota nel conclave risale al 1903. quando l’Austria si pronuncia contro l’elezione al soglio del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro e gli impedisce di diventare Papa. Viene eletto Pio X.

Nel conclave di fatto i cardinali rappresentano molto spesso le corone cattoliche, che giocano un ruolo importantissimo. D’altra parte il Papa è un sovrano, ma temporale, e non può fare quindi quegli accordi matrimoniali che gli assicurano il potere.

Il conclave del 1903 è l’ultimo di vecchio tipo.

Il 1978 ha visto 3 papi e due conclavi. L’elezione di Carol Wojtyla vede salire al soglio un papa straniero che mancava da Adriano VI, nel 1522. 

Il primo conclave del III millennio ha eletto Benedetto XVI, un’elezione solo apparentemente scontata. E sì, perché si scoprirà in seguito che nelle poche ore trascorse dai cardinali nella Cappella Sistina, prima della rapida fumata bianca avvenuta solo dopo il quarto scrutinio, la candidatura del porporato tedesco arriva a un passo dal decadere al cospetto di quella del gesuita Jorge Mario Bergoglio. Il futuro Papa Francesco ottiene fino a più di un terzo delle preferenze nel corso delle votazioni. Dichiarerà in seguito che la sua elezione “…non era l’idea di coloro che stavano dietro ai voti. La manovra consisteva nel porre il mio nome, bloccare l’elezione di Ratzinger e poi negoziare un terzo candidato” Così l’acuto Bergoglio, sentendosi oggetto di una manovra ordita per impedire l’elezione di Ratzinger, dichiara ai cardinali elettori che non avrebbe accettato l’elezione, favorendo così quella di Benedetto XVI.

Ma i cardinali non fanno giuramento di non rivelare i segreti del conclave? Ecco la risposta sincera e schietta di Papa Francesco: “I cardinali giurano di non rivelare quello che succede nel Conclave, però i Papi hanno la licenza di raccontarlo!”. In effetti il Papa è legibus solutus (sciolto dalle leggi)!

Appena 8 anni dopo quel conclave, Bergoglio avrà una seconda occasione, frutto della più inaspettata delle circostanze: l’11 febbraio 2013 Benedetto XVI annuncia al mondo di sentire in sé diminuiti il vigore del corpo e dell’animo, al punto di dover riconoscere la propria incapacità all’esercizio del Ministero. Benedetto XVI esprime una rinuncia al ruolo che ricopre, insomma. Un gesto papale di tale importanza e significato che suscita una risposta sensazionale nei media e un sentimento di accorata emozione nei fedeli di tutto il mondo. Altrettanto vasta sarà l’eco del successivo conclave che conduce all’elezione di Bergoglio, eletto ancora una volta in tempi molto rapidi, a dispetto dell’indifferenza espressa dalla stampa mondiale verso una sua possibile ricandidatura. Il 2013 era il momento giusto. Lo ha dichiarato lo stesso Papa Francesco: “…dopo la rivoluzione di Giovanni Paolo II, che era stato un Pontefice dinamico, molto attivo, con iniziative, viaggiava… c’era bisogno di un Papa che mantenesse un sano equilibrio, un Papa di transizioneSe avessero eletto uno come me, che fa molto casino, non avrebbe potuto fare nulla. In quel momento, non sarebbe stato possibile”. 

Papa Francesco, il primo papa gesuita ma con l’animo francescano, ci ha lasciato alle 7.35 di lunedì 21 aprile, giorno del Lunedì dell’Angelo dell’anno giubilare e del Natale di Roma. Ma non è stato il solo papa a morire durante il Giubileo. Prima di lui ci fu Innocenzo XII nel 1700 e il suo successore, Clemente XI, ci impiegò ben tre giorni per accettare, lasciando i cardinali elettori in trepida attesa e speranza.

In un mondo ormai dominato dai social, in cui tutto appare esposto ed esplicito, la segretezza, perlomeno apparente, della procedura che si svolge in Vaticano si salda all’impatto dirompente di Papa Francesco sulle masse, producendo un grande avvenimento mediatico.

Ma ecco come si procede in conclave.

L’elezione di un nuovo papa ha inizio con la convocazione a Roma di tutti i cardinali, sia quelli sotto gli ottant’anni, che hanno diritto di voto, sia quelli più anziani che ne sono estromessi. Il giorno fissato per l’inizio del conclave, tutti i cardinali si riuniscono nella Basilica di San Pietro, dove viene celebrata la Missa pro eligendo romano Pontifice, una sorta di ritratto del futuro Papa e delle sfide che lo attendono.

Il giorno stesso i cardinali elettori, in abito corale, si recano in processione cantando le litanie dei santi e il Veni Creator Spiritus verso la Cappella Sistina, dove nei giorni dell’inter-regno vengono allestiti i banchi per il collegio dei cardinali e vengono montate le stufe (una per la fumata bianca, l’altra per le nere) nelle quali verranno bruciati gli appunti e i voti degli elettori. Quando tutti i cardinali hanno prestato il giuramento di rito sull’Evangeliario, viene pronunciato il fatidico extra omnes, cioè il “fuori tutti”. Possono restare solo coloro che prenderanno parte alla votazione. Le porte della Cappella Sistina vengono chiuse a chiave da dentro e da fuori e potranno essere riaperte solo in casi di effettiva necessità.

A questo punto ogni elettore riceve una scheda con la scritta eligo in Summum Pontificem a cui va aggiunto il nome del prescelto. Le schede vengono via via deposte in un grande calice e tre cardinali procedono allo spoglio. Attraverso la stufa verrà trasmessa una fumata nera per ogni avvenuta votazione, fino a quando non sarà raggiunto il quorum, cioè quando un candidato si aggiudica i due terzi dei voti; le schede vengono quindi unite con un unico filo e immediatamente bruciate nella stufa collegata al famoso fumaiolo. Con la fumata bianca, il mondo cristiano sa di avere un nuovo Papa. Dopo ogni sessione di voto, il Camerlengo, il cardinale che amministra le questioni pratiche della Chiesa nei giorni del passaggio di consegne, stila una relazione che viene poi consegnata al nuovo Papa e da questi conservata in un apposito archivio. Una volta raggiunto il quorum, l’eletto, accettato l’incarico, sceglie quale nome pontificale intende darsi. E poi si procede all’annuncio dal balcone di San Pietro: Habemus Papam

E che Papa sia!

Anna Maria

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