Quando parliamo delle protagoniste del cinema italiano, non possiamo che partire da lei: Anna Magnani.
Un simbolo, l’incarnazione stessa della città di Roma, come la definisce Fellini, nonché prima attrice italiana a vincere il Premio Oscar.
Un momento storico, per Anna, ma anche per l’Italia intera.
Il 21 marzo del 1956, nel suo appartamento all’ultimo piano di Palazzo Altieri, in via degli Astalli 19, Anna attende l’esito dell’assegnazione degli Academy Awards, per cui lei è candidata per il film La rosa tatuata, regia di Daniel Mann su soggetto e sceneggiatura di Tennessee Williams, che ha scritto quel film pensando proprio a lei.
Quella sera in casa sua sono riuniti tutti i suoi amici più cari e il suo compagno di allora, Gabriele Tinti. Sono tutti in fibrillazione, forse più agitati di lei: per Anna questo clima esagitato è insopportabile, così decide di uscire con i suoi cani.
Tornata a casa dalla passeggiata, aspetta ancora qualche ora, ogni tanto sveglia la sua amica, la giornalista Egle Monti, facendole credere di volta in volta di aver vinto o di aver perso. Alle 4 va a dormire, e due ore dopo viene svegliata dalla chiamata di un giornalista che le annuncia la vittoria: Anna, ancora mezza addormentata, crede che si tratti di una ripicca di Egle Monti e butta giù il telefono. Ma l’ostinato informatore la richiama e a questo punto non può che crederci. Anche perché viene sommersa da telefonate, rose, congratulazioni, telegrammi. Non ha il tempo di leggerli, perché deve correre a chiamare suo figlio Luca, la prima persona alla quale vuole dare l’annuncio.
Tantissimi i telegrammi di congratulazioni: il primo arriva proprio da Tennessee Williams, sicuro di quel trionfo, tanto che le scrive “Non so se riuscirò mai a smettere di scrivere personaggi per te, anche se tu li rifiuti”.
Poi Luchino Visconti, Burt Lancaster, Jean Renoir, Bette Davis…
Ma non solo personaggi del mondo dello spettacolo, anche politici: Giulio Andreotti, Oscar Luigi Scalfaro e tanti altri. Quel premio non è solo di Anna, è dell’Italia intera.
E infatti lei dichiara:
«Sono felice perché penso di aver fatto al pubblico del mio paese il regalo più bello che era in mio potere di fargli. Questo è il più gran giorno della mia carriera, la più bella sorpresa che potessi aspettarmi e che del resto non mi aspettavo. Sono soprattutto felice perché con me la cinematografia americana ha premiato l’Italia. Ma è soprattutto a Roma, alla mia città, che intendo riferirmi quando parlo dell’Italia. Devo aggiungere una cosa, devo esprimere la mia gratitudine verso il senso di democrazia del grande popolo americano che non ha esitato ad attribuire il massimo premio artistico dell’anno a un’attrice straniera».
A quel momento, Anna però ci era arrivata superando grandi ostacoli: primo fra tutti il cinema proprio non la voleva!
Nel 1931 aveva incontrato per la prima volta Goffredo Alessandrini, regista cinematografico che poi sposerà. Tutta presa da questa storia d’amore, per stargli vicino aveva rinunciato alle tournée teatrali ed accanto a lui inizia a pensare al cinema. A teatro lavora ormai da 10 anni con gran successo, ma al cinema ci arriverà solo nel 1934 con il film La cieca di Sorrento di Nunzio Malasomma. Poi altre comparsate, ma nulla di che, solo una grande delusione. Forse aveva ragione Goffredo, il cinema non è per lei, non è fotogenica.
Con Goffredo va a convivere in una casa a Via Margutta e la storia d’amore va avanti, nonostante le continue infedeltà di lui, fino al matrimonio nel 1935. Nonostante il matrimonio finirà poi proprio per i tradimenti del regista, Anna avrà sempre una grandissima stima per lui, e scherzando racconterà “Finché sono stata sua moglie ho avuto più corna di un canestro di lumache”.
Il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra, ma gli attori, chiusi nel loro mondo di finzione, vivono quasi in un mondo parallelo lontano da quegli eventi.
Anna lavora in teatro con Totò e i due formano un duo irresistibile.
Nel 1942 arriva la grande occasione: Anna viene scelta per il ruolo di Giovanna nel film Ossessione di Luchino Visconti, il suo primo vero ruolo cinematografico. Ma Anna, nello stesso periodo, rimane incinta, ed è costretta, tra le lacrime, a rinunciare al ruolo. Il bambino, che lei chiama Luca, è figlio di Anna e dell’attore Massimo Serato, che però la lascia appena saputo della gravidanza, e lei darà al bambino il suo cognome: Magnani.
Dopo il parto, Anna torna subito a lavoro e finalmente inizia a lavorare con più costanza al cinema. Ma il mondo intorno a lei sta cambiando: Roma viene bombardata, San Lorenzo distrutto, l’8 settembre del 1943 Roma viene dichiarata “città aperta” e l’occupazione tedesca ha conseguenze ben peggiori della guerra. Il cibo scarseggia, la povertà e la disperazione dilagano.
Anna si dedica anima e corpo al teatro, nonostante la tremenda censura che tiene tutti col fiato sospeso, e spesso aiuta anche chi è più in difficoltà. Le camicie nere la tengono sempre sotto controllo e spesso interrompono i suoi spettacoli ma lei, come farà poi nel film che la renderà immortale, li manda tutti “a mori’ ammazzati!”.
E a tal proposito, facciamo un salto nel tempo, di due anni: è il 1945 e Anna ha 37 anni, un’età in cui in genere ad un’attrice vengono riservati solo ruoli marginali o macchiettistici. Non a lei, che Roberto Rossellini vuole nel suo nuovo film: Roma città aperta. Ma Anna fa una richiesta insolita: vuole essere pagata tanto quanto il suo collega, Aldo Fabrizi.
La produzione si rifiuta, e il ruolo viene allora affidato all’attrice Clara Calamai, la stessa che l’aveva sostituita in Ossessione di Visconti. Rossellini, però, vuole lei e il ruolo torna ad essere suo. E la sua interpretazione, così intensa, così reale, rimane ancora oggi nella memoria collettiva.
Con quel film si chiude un capitolo orrendo della storia italiana e si aprono le porte del successo per Anna.
La collaborazione con Rossellini è così fortunata che i due decidono di girare un nuovo film insieme, Figli miei, tratto da una storia scritta da Anna stessa.
Le partecipazioni nelle pellicole successive risentono molto dell’influenza della guerra e della forza dirompente di Pina, il suo personaggio in Roma città aperta, ma i pensieri per lei non finiscono: Luca, suo figlio, è malato di poliomelite e deve essere curato in Svizzera, ma Anna non può smettere di lavorare. La malattia di Luca la farà avvicinare sempre di più a Rossellini, colpito dal grave lutto del figlio avuto dalla prima moglie, morto di appendicite in Spagna.
Un anno dopo le riprese del film che farà la fortuna di entrambi, tra i due sboccerà l’amore.
Ma questa è una storia che già conosciamo o che rivedremo insieme nella passeggiata dedicata proprio alla storia tra i due.
Giulia Faina
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