Nel 1957 Elsa Morante è la prima donna a vincere il celebre Premio Strega, grazie al suo “L’isola di Arturo”, romanzo di formazione ambientato sull’isola di Procida, che narra l’infanzia e l’adolescenza del giovane Arturo Gerace.
La rappresentazione dell’infanzia ha un ruolo chiave per Morante: lo sapeva bene lei, dal momento che la sua infanzia fu tormentata da torbidi segreti familiari, tradimenti, adulti inadatti ed enormi aspettative.
E’ soprattutto la figura materna a influenzare particolarmente l’infanzia e il carattere di Elsa.
Irma Poggibonsi è una maestra elementare con due sogni nel cassetto: diventare una scrittrice di successo e contrarre un ottimo matrimonio.
Arrivata all’età di 28 anni, però, si ritrova ad aver pubblicato un solo romanzo – a puntate, su una rivista femminile – il cui titolo, “I sogni e la vita”, sembra quasi un’amara predizione di ciò che sarà della sua esistenza: i sogni da una parte, ciò che accade nella sua vita nella direzione opposta.
Nemmeno il buon matrimonio tanto sospirato è ancora arrivato, e alla fine, sentendosi ormai vecchia e senza speranze, si rassegna a sposare Augusto Morante, un uomo poco attraente e ancor meno brillante.
Ma è durante la prima notte di nozze che Irma scopre una dura verità: Augusto è impotente!
Lei sbraita, grida, vuole lasciarlo. Lui minaccia, allora, il suicidio.
Alla fine, i due stringono un accordo: lei avrebbe mantenuto il segreto e sarebbe rimasta con lui, ma non avrebbe rinunciato al suo desiderio di essere madre!
Augusto, quindi, si sarebbe impegnato nella ricerca di un uomo che avrebbe sopperito alle sue mancanze.
Ed è così, dopo un anno di ricerche andate a vuoto, che alla fine si presenta l’uomo giusto: Francesco Lo Monaco, siciliano alto, bello, con intensi occhi azzurri. Per mestiere smista la posta sui treni che da Roma vanno in Sicilia, è sposato, ma si concede comunque delle avventure galanti.
Quando lo vede, per Irma è un colpo di fulmine: da lui avrà i 5 bambini che prenderanno tutti, però, il cognome Morante.
Il primogenito, però, muore in tenerissima età, ma Irma è sicura che, se quel bambino fosse cresciuto, sarebbe di sicuro diventato un profeta!
Perso il piccolo, tutte le aspettative di Irma si riversano sulle spalle della secondogenita, la piccola Elsa.
Ed Elsa è effettivamente fuori dall’ordinario: bella come il padre biologico, è una bambina sveglia, curiosa, dotata di grande intelligenza e di una vivace fantasia.
Irma la descrive come un piccolo genio, una bambina speciale, diversa dagli altri e così facendo non si accorge che, al contrario, invece, la piccola Elsa avrebbe desiderato solo essere come tutti gli altri bambini.
La situazione a casa non è delle migliori: la famiglia Morante è povera, vive in una casa popolare a Testaccio, tra Irma e Augusto i rapporti sono sempre tesi, un vero e proprio campo minato pronto ad esplodere da un momento all’altro.
E l’esplosione vera e propria arriva quando Elsa ha dieci anni.
E’ il 27 ottobre del 1922, lo stesso giorno della marcia su Roma.
Elsa e i suoi fratelli sono seduti attorno al tavolo, è l’ora della merenda e Irma è preda di una delle sue crisi di nervi che scandivano le giornate dei bimbi Morante.
Come al solito, se la prende con il sottomesso Augusto e, in preda ad una collera feroce, Irma racconta tutta la verità sulla nascita dei bambini, non risparmiando loro nemmeno i dettagli più osceni.
Per i bambini, e per Elsa soprattutto, quella notizia è traumatica: avere due padri è per lei come non averne proprio. Nessuno dei bambini si sentirà mai figlio di Francesco Lo Monaco, e anzi, detesteranno le visite dello “Zio Ciccio” – come lui si faceva chiamare da loro quando andava a trovarli -, incolpandolo dei continui malumori di Irma e, quindi, di quel clima irrespirabile in casa.
Per Augusto, invece, proveranno sempre una distratta indifferenza.
Per sfuggire a questa situazione, Elsa si rifugia nella scrittura. Sogna di essere la figlia perduta del duca d’Aosta, e scrive racconti che firma e a cui assegna anche un prezzo, come fosse già un’autrice affermata.
Irma fa di tutto per assicurare alla figlia un futuro radioso, al punto da mandarla a vivere a casa della sua madrina, una nobildonna, nella cui casa Elsa ha modo di frequentare i bambini dell’alta società. Anche qui, però, Elsa si sente – e viene trattata – come una bambina straordinaria, diversa e inavvicinabile dagli altri bambini.
Cresce in lei il bisogno di un affetto sincero, di dimostrazioni di amore disinteressato e anche una forte nostalgia di casa.
Ma tornata a casa, subito si ritrova nell’inferno delle frustrazioni di Irma: Francesco Lo Monaco non si fa vedere da un po’, Irma è disperata e tenta addirittura il suicidio: è il figlio Marcello, fratello minore di Elsa, a salvarla in extremis.
Appena può, a 18 anni, Elsa se ne va via di casa.
Ha con sé pochissimi soldi, per sopravvivere dà ripetizioni e compila tesi di laurea, ma spesso non ha nemmeno i soldi per cenare.
Approfitta quindi degli inviti fuori da parte degli amici per poter mettere qualcosa sotto ai denti, ed è durante uno di questi inviti che conosce Alberto Moravia.
Il resto è storia.
Una lunga storia d’amore.
Giulia Faina
Visita guidata tematica: “A difficil amori io nacqui”: seguendo le tracce di Morante e Moravia