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Amor vincit omnia

È uno dei dipinti più apprezzati e conosciuti di Caravaggio. È un olio su tela (156 × 113 cm), come tutti i dipinti del Merisi, realizzato tra il 1602 e il 1603 ed è conservato nella Gemäldegalerie di Berlino.

Il titolo è una posposizione della locuzione latina Omnia vincit amor del primo emistichio del verso 69 dell’Egloga X di Virgilio: Omnia vincit amor: et nos cedamus amori (letteralmente: «L’amore vince tutto, arrendiamoci anche noi all’amore»).

E tutto torna in questo dipinto che fruttò ben 300 scudi a Caravaggio! Vediamo come.

Il soggetto è Amore o Cupido, ritratto nel suo aspetto più tradizionale, ovvero un giovane con le ali che però non sono candide, come vuole la tradizione iconografica, ma scure, a ricordare quelle di un falco.

Intorno al soggetto, tanti oggetti che rappresentano le attività dell’uomo, ovvero l’ecletticità del marchese Vincenzo Giustiniani, grande mecenate e committente dell’opera. Nello spartito è infatti in bella mostra la lettera “V”, ad omaggiare il committente.

Sono presenti un violino e un liuto, che rappresentano la musica, un’armatura simbolo della guerra, una coroncina emblema del potere, squadra e compasso per il disegno, penna e fogli scritti per la letteratura, fiori ed alloro simbolo dell’amore per la natura. Ma attenzione, tutti questi oggetti hanno qualcosa che non va: al liuto ed al violino mancano delle corde, l’armatura non è completa, la piuma è sporca d’inchiostro. E Cupido sembra pure calpestarli!

Il sorriso di Cupido è a metà tra l’innocenza di un bambino e la furbizia di un ragazzo, ma anche questo non è perfetto: i suoi denti sono storti!

Caravaggio, infatti, scardina il tradizionale canone della perfetta bellezza degli dèi per lasciare spazio ad una bellezza realistica e soprattutto umana.

Qual è il messaggio, dunque? La vita è breve, i beni sono effimeri, meglio abbandonarsi all’amore. La caducità della vita è un messaggio ricorrente in Caravaggio: espressione ne è anche la CANESTRA DI FRUTTA, nella sua “imperfezione perfetta” della natura; ed è tema ricorrente del Seicento, sconvolto dalle scoperte scientifiche dell’eliocentrismo che aveva tolto la centralità nell’universo all’Uomo e messolo di fronte a tante incertezze

Su questo dipinto, tre curiosità:

La prima: la posizione delle gambe del soggetto non è nuova, ma di evidente ispirazione del san Bartolomeo di Michelangelo Buonarroti nel suo Giudizio Universale. Il Merisi non perdeva mai occasione per omaggiare il suo illustre omonimo!

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La seconda: qualche tempo dopo, il rivale di Caravaggio, ovvero Giovanni Baglione, realizzò un quadro intitolato “Amor Sacro contro Amor Profano”, cambiando completamente il proprio stile pittorico (la “maniera”) assumendone uno di chiara imitazione a quello di Caravaggio (la figura che emerge dal fondo scuro) pur disprezzando il tanto acclamato pittore lombardo: il Cupido di Caravaggio assume il ruolo di Amor Profano ed è disteso a terra inerme, terrorizzato dall’Amor Sacro, mentre un diavolo ha le fattezze del Merisi.

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L’impatto alla vista di Caravaggio fu terribile: rispose a Giovanni Baglione facendo circolare per Roma un poemetto canzonatorio e sboccato e poi gli affibbiò il soprannome di GIAN COGLIONE…il Baglione, che perse le commesse, si vendicò divenendo il biografo ufficiale di Caravaggio facendolo navigare nei secoli come il pittore maledetto. Quella che nacque come sfida tra i fratelli Giustiniani (il marchese, protettore di Caravaggio, e il cardinale, mecenate del Baglione) si trasformò in una sfida tra pittori che superò le barriere del tempo.

E sì, perché la terza curiosità è che il quadro del Baglione è conservato a Palazzo Barberini, di fronte alla Giuditta e Oloferne di Caravaggio e un’altra versione proprio nella Gemäldegalerie di Berlino: i due stanno ancora litigando!

Anna Maria

Visita guidata tematica: Caravaggio, la spada e la carità

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