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Il suffragio delle anime del Purgatorio, la pala d’altare del “Piccolo Duomo”

Tutti abbiamo ben presente la facciata neogotica della Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio: non a caso, la chiesetta è stata anche soprannominata “il piccolo Duomo” proprio per la sua peculiarità estranea al paesaggio architettonico cui siamo abituati a Roma.

In pochi, invece, hanno spinto la loro curiosità oltre l’ingresso, i più spinti solo dalla curiosità di visitare il piccolo Museo delle Anime del Purgatorio. 

La chiesa, però, è tutta da ammirare: a imitazione delle chiese parrocchiali francesi del XIV secolo, l’atmosfera all’interno è molto intima e rigorosa e invita a raccogliersi nella quiete e nella preghiera, lasciando fuori il caos cittadino. 

La volta è a crociera, altissima, richiama l’attenzione su ciò che è in alto: le cose celesti, appunto.

A conferma di ciò, c’è la pala che troviamo sull’altare maggiore, raffigurante il Nostro Signore del Sacro Cuore, realizzata dal pittore fiorentino Giuseppe Caetani, con l’aiuto del figlio Alessandro. 

Si tratta di un olio su tela di 4 m di larghezza e 5 di altezza, divisa su due registri: il livello più basso ci presenta le anime del purgatorio, che vediamo raccolte in preghiera, a rivolgere i loro canti verso l’alto, in armonia e concordia tra loro, dando un’idea dantesca del Purgatorio. 

In alto, invece, ovviamente, lo spazio celeste: angeli, Gesù, la Vergine Maria e San Giuseppe.

Ad occupare il centro della scena è proprio Gesù, col suo Sacro Cuore lucente, affiancato dalla Vergine e da San Giuseppe genuflessi. 

Alle spalle di Gesù si vedono in trasparenza dei serafini posti come a formare una croce; mentre, sullo sfondo, quasi impercettibili all’occhio nudo, una folla di anime, forse santi o forse semplicemente anima già salvate, che assistono a quanto sta per accadere.

A fare da intermediari tra il Cielo e il Purgatorio ci sono i tre arcangeli, Michele (raffigurato con l’armatura), Gabriele (con un ramoscello di olivo in mano) e Raffaele (in basso a destra, al fianco di un sacerdote rappresentato nell’atto di sollevare il calice). 

Michele tiene in mano una fiammella di fuoco purificatore, ma anche una spada: per la salvezza dell’anima c’è bisogno, infatti, che ci sia giustizia. 

I penitenti non lo guardano, forse di nuovo un rimando dantesco alla luce divina degli angeli, che l’occhio umano non riesce a guardare.

In basso al centro, troviamo invece le anime salve, grate ai vivi che hanno pregato per loro: è questo lo scopo del suffragio a cui è dedicata la chiesa. 

Una donna, infatti, si piega a baciare un libro, il “De Profundis”, cioè proprio le preghiere per i defunti e per le loro anime, che dal Purgatorio possano presto ascendere al Paradiso.

Sempre al centro c’è un albero svettante, simbolo di vita, e accanto un incensiere gotico, altro riferimento alla purificazione necessaria per superare il Purgatorio. 

Ma la scena principale avviene tutta sulla sinistra del quadro: delle fanciulle stanno diventando piano piano sempre più candide, quasi trasparenti, mentre salgono verso l’alto. Sulle loro vesti, impossibile da notare dalla distanza in cui si ammira la pala, sono cucite le virtù.

Tra tutte, una ragazza ha raggiunto il livello più elevato: porge le mani all’arcangelo Gabriele che le sta consegnando una corona e un ramoscello d’ulivo. La fanciulla guarda Gesù, che risponde benevolo al suo sguardo, mentre dal suo cuore partono dei raggi indirizzati proprio ad illuminare la giovane.

Le anime sembrano trovarsi in un giardino ideale, forse proprio l’Eden dantesco, ma vediamo anche un’allusione ad un cimitero: qui vediamo infatti all’angolo un pezzo di sarcofago su cui sono incisi i nomi del pittore e del figlio Alessandro, che collaborò all’opera.

Che sia stata la speranza di poter un giorno espiare i loro peccati in vita ed essere ammessi al cospetto del Signore?

Giulia Faina

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