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La chiave cristologica del mito di Perseo

Negli appartamenti Paolini di Castel Sant’Angelo, quella che è convenzionalmente considerata la sala del trono è affrescata con il mito di Perseo.

Papa Paolo III Farnese teneva tantissimo a ricordare in ogni momento la sua elevata formazione culturale e la sua conoscenza della lingua greco-antica, che non può prescindere, ovviamente, dal mito

Ma la mitologia, si sa, è in contraddizione con la fede di cui era ministro. E allora, che ci fanno i miti nelle stanze di un Papa?

Alessandro Farnese volle interpretare ogni mito per ricondurlo al significato cristiano, un significato profondo, recondito dell’anima del credente che incede con difficoltà verso la luce, ammaliato da tante tentazioni, ma che alla fine deve saper scegliere la giusta via per arrivare alla luce di Dio.

Vediamo l’interpretazione in questa chiave del mito di Perseo.

Siamo nel regno di Argo e il suo re Acrisio, avendo solo una figlia, era preoccupato per la successione. Consultò quindi l’oracolo che gli fece l’amara rivelazione: sarebbe morto per mano di suo nipote.

Acrisio allora rinchiuse la figlia Danae in una torre, affinché non conoscesse uomo, ma di lei si innamorò Giove che, trasformatosi in una pioggia d’oro, fecondò l’inconsapevole Danae.

Per allontanare lo spettro della predizione, Acrisio – nato il nipote Perseo– allontanò madre e figlio dal suo regno. La povera errante Danae arrivò allora nella terra del tiranno Polidette che l’accolse speranzoso di poter conquistare il suo amore.

Ma Danae, il cui unico pensiero era il figlio, non ricambiava l’amore del re. Passarono gli anni e Perseo divenuto forte e valoroso, volle riscattare la libertà della madre, offrendo i propri servigi al tiranno che gli chiese – certo di toglierselo di torno – la testa di Medusa.

Perseo riuscì nell’impresa di decapitare Medusa, grazie allo scudo-specchio donatogli da Atena per non rimanere pietrificato dal suo sguardo.

Medusa era una delle tre Gorgoni, l’unica mortale, ed era dotata di sorprendente bellezza, nonostante il nome gorgòs in greco significhi “spaventoso”.

Questo ci insegna a non soffermarci sulla semplice apparenza….

Dal taglio della testa di Medusa, nacque Pegaso, il cavallo alato che riportò a casa Perseo.

Il messaggio che ci trasmette il mito è che, per non soccombere all’energia pietrificante e quindi alle paure inconsce, non bisogna seguire l’istinto e lottare direttamente, bensì usare la ragione e riflettere. Perseo infatti non incrociò lo sguardo di Medusa ma si riparò con lo specchio che si riflesse sul mostro e ciò solo perché seguì ciecamente il consiglio della divinità (anche se pagana), ovvero della conoscenza della natura superiore.

È così quindi che possono essere superate le prove al fine di liberare il proprio animo da costrizioni mentali, ovvero dalle superstizioni, alla stessa stregua del volo di Pegaso, il cavallo alato, che insieme all’eroe combatte il caos e il male e propone valori positivi, costruendo la pace.

Il mito di Perso è citato anche da Dante nel IX canto dell’Inferno (51-57) si esprime così: “Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso: che se il Gorgon si mostra, e tu il vedessi, nulla sarebbe del tornar mai suso”.

Ma poiché Perseo, Pegaso, Medusa (Algol), ma anche altri personaggi legati a questo mito, come Ceto, Argo, Cassiopea, Cefeo e Andromeda, altro non sono che costellazioni, c’è nella narrazione un’interpretazione astronomica.

Danae è l’alba generata dall’oscurità (Acrisio) ed è amata del cielo (Zeus) e diede origine a una giornata luminosa (Perseo) che, secondo la profezia, dovrà uccidere suo nonno, cioè l’oscurità. Medusa è la personificazione della notte stellata, bella ma che muore con l’arrivo del giorno. Anche il nome Andromeda deriva da alba, e Cassiopea e Cefeo rappresentano l’oscurità e la notte.

Così, gli antichi miti su Perseo narrano la vittoria della luce sull’oscurità, il cambiamento di notte del nuovo giorno.

E il Cristianesimo l’ha fatto proprio per narrare il percorso dell’anima verso la luce di Dio

Anna Maria

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