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La storia della famiglia Pamphilj

Non foss’altro che per la maestosa villa, la più grande di Roma, che si estende per 184 ettari dalle pendici del Colle Gianicolo e ben oltre, il nome Pamphilj è ben noto Urbi et Orbi.

Ma non sono autoctoni.

I primi Pamphilj a Roma furono Iacopo e Francesco, i quali ottennero il titolo di conti del Sacro Romano Impero, perché discendenti di un certo Amanzio, cavaliere carolingio stabilitosi a Gubbio nel IX secolo.

Perlopiù sconosciuti nel Medioevo, nelle cui famiglie potenti – i cosiddetti baroni – non erano annoverati, come d’altra parte nelle epoche successive, raggiunsero l’apice dell’affermazione sociale e della notorietà con l’ascesa al soglio del cardinale Giovanni Battista nel 1644 con il nome di Innocenzo X. È solo da questo momento che i Pamphilj sono stati elevati al titolo di principi e il trattamento di “Sua Grazia”.

Prima di lui, anche Girolamo, amico devoto di San Filippo Neri, raggiunse la dignità cardinalizia. Girolamo era figlio di una Mellini e nipote di quel Pamphilj, Antonio, che grazie all’amicizia con Papa Sisto IV, ebbe incarichi importanti e acquistò i primi possedimenti in Piazza Pasquino.

Innocenzo X era comunque un diretto discendente di Papa Alessandro VI Borgia, in quanto sua nonna, una Mattei, era figlia di una nipote di Lucrezia Borgia.

Ma furono solo la devozione e la capacità di Giovanni Battista a farlo diventare papa?

Assolutamente no!

Giovanni Battista deve la sua ascesa a sua cognata Olimpia Maildachini, giovanissima e ricchissima vedova, che nel 1612 sposò suo fratello Pamphiljo. Ne aveva tanti di soldi la Pimpaccia (così era soprannominata dal popolo romano), tutti ereditati dal primo marito che la lasciò ricchissima dopo soli tre anni di matrimonio. Avida com’era di denaro, sapeva che solo il potere poteva accrescerlo e così lo investì per favorire la carriera di suo cognato e fargli acquisire l’importanza

Giovanni Battista divenne sì importante: fu papa! E a Roma il papa contava: era il re!

Ma mentre Innocenzo X benediceva, lei – la papessa – governava, sfruttando quindi al meglio la posizione preminente e potente.

È grazie a lei che noi ricordiamo Innocenzo X come un grande mecenate; è grazie a lei che ci ritroviamo tante maestose opere come il palazzo a Piazza Navona e la magnifica quanto unica Fontana dei Quattro Fiumi proprio antistante quel palazzo.

Dicono i racconti popolari che la sua influenza sul cognato pontefice era tale che ogni decisione importante era comunque sotto il suo vaglio. Si insinua malignamente che Donna Olimpia fosse stata anche l’amante di papa Innocenzo X, ma la storiografia moderna parla di diceria popolare, anche se vox populi….. Si diceva pure che la sua beneficenza fosse sempre interessata: che la protezione assicurata alle cortigiane mascherasse una vera e propria organizzazione del traffico della prostituzione, che i comitati caritatevoli per l’assistenza ai pellegrini organizzati per il Giubileo del 1650 nascondessero uno scopo di lucro e che il Bernini, inviso al Papa, riuscì ad ottenere la committenza della Fontana dei Quattro Fiumi solo dopo aver donato alla Papessa il modello in argento massiccio, consapevole che “chi vuol qualche grazia dal Sovrano, aspra e lunga è la via del Vaticano, ma chi va da Donna Olimpia a mani piene, quel che vuole ottiene e la strada più larga è la più corta”, ma anche questa è vox populi, ovvero voce di Pasquino!

Il figlio di Donna Olimpia, il cardinal-nepote Camillo, disattendendo le aspirazioni materne, rinunciò alla porpora per sposare la ricchissima, in quanto unica erede, Olimpia Aldobrandini, già vedova di Paolo Borghese.

Unione d’interesse o d’amore che fu, i due ebbero 5 figli, tra cui Benedetto che divenne cardinale (buon sangue non mente!). Fu grande amico di Corelli e Haendel e perpetuò la tradizione di interesse per la cultura e di protezione accordata agli artisti.

La famiglia si estinse nel 1760 con la morte dell’ultimo discendente maschio, un altro Camillo, un altro cardinale.

Ma Anna Pamphilj, altra figlia di Camillo e di Olimpia, aveva sposato il patrizio genovese Giovanni Andrea Doria III Landi, discendente dal celebre ammiraglio Andrea Doria.

Il figlio della coppia, Giovanni Andrea IV Doria Landi ottenne dal Papa Clemente XIII Rezonico il cognome, le insegne ed i beni della famiglia Pamphilj, fondando così il ramo attuale Doria Pamphilj.

A fine Ottocento la famiglia si fregiò di un altro incarico importante: Filippo Andrea V Doria-Pamphili-Landi, dopo essere stato un appassionato sostenitore della causa papale ed essersi schierato dalla parte dei Francesi durante i combattimenti della Repubblica Romana (tanto da far edificare un monumento in memoria dei caduti d’oltralpe!) divenne senatore del Regno d’Italia e tra dal dicembre 1870 al marzo 1871, guidò Roma in qualità di facente funzione di Sindaco. E il suo discendente, cioè suo nipote Filippo Andrea VI Doria-Pamphili-Landi, sindaco di Roma lo fu a tutti gli effetti durante il periodo della liberazione, dopo essere stato mandato al confino da Mussolini, perché oppositore del fascismo, ed elevato alla più alta carica cittadina dagli Alleati.

I Pamphlj esistono ancora, Jonathan e Gesine, con rispettiva prole, possiedono il Palazzo su Via del Corso, sede anche di un ricco museo, e la Cappella privata dentro il parco di Villa Pamphilj e molto altro ancora, il tutto non esente da pettegolezzi, lotte per la successione, intrecci, intrighi e voci di palazzo, ma soprattutto delle voci di popolo!

Anna Maria

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