Non c’è genitore romano che non abbia raccontato al proprio figlio la storia di Romolo e Remo, come se fosse una favola.
Una storia leggendaria, quella di Roma, che ha segnato la storia del mondo.
Quelle capanne chiamate Roma, ovvero, quel primo agglomerato organizzato è l’inizio della nostra storia, della storia del mondo, almeno occidentale, le radici di un mondo che ha visto Roma crescere, espandersi, sottomettere, fino a raggiungere l’apice con l’Impero, cadere e spopolarsi nel Medioevo, rinascere fulgida sotto il papato. Da sempre e ancor oggi possiamo chiamarla la Caput Mundi.
Ma i luoghi leggendari legati alla fondazione esistono ancora oggi e comunicano la loro storia e ne hanno vista di passare davanti ai loro mattoni!
Il Romano è abituato a percorrere le strade della capitale, spesso neanche accorgendosi di quello che lo circonda e spesso la nostra città è più apprezzata e conosciuta dai turisti che vengono rapiti dal suo fascino e gettano le monetine nelle fontane con il cuore vibrante e speranzoso di un ritorno.
Cosa c’è di vero nel mito di Romolo e Remo? C’è stato realmente un fratricidio all’origine di Roma, fondata secondo la leggenda il 21 aprile del 753 a.C.? Ed è vero che i reati su cui si fonda sono ben sette?
Ricordiamo la leggenda brevemente.
Sedeva sul trono di Albalonga, capitale della lega latina, il re Numitore, diretto discendente di Julo, alias Ascanio, figlio di Enea. Ma il fratello di questi, Amulio, invidioso della primogenitura, imprigionò il re, uccise i suoi figli maschi e costrinse la figlia Rea Silvia a diventare vestale. Un bel dì si invaghì di lei il Dio Marte e ne abusò. Da quest’atto violento nacquero due gemelli e Amulio, venuto a sapere della trasgressione della vestale ad uno dei fondamentali giuramenti, ordinò la morte di madre e figli. Ma l’incaricato non se la sentì di compiere l’infanticidio e quindi lasciò che il destino decidesse dei neonati, abbandonandoli in una cesta alle acque del fiume Aniene. La cesta seguì il corso del fiume, anche dopo essersi immessa nel Tevere che era in piena, finché si arenò in una grotta. Una lupa che scendeva dalla sommità del colle Palatino verso il fiume per abbeverarsi fu attratta dal vagito dei bambini e li allattò.
Di lì a poco i bambini furono ritrovati dal pastore Faustolo che li crebbe come propri figli insieme alla moglie Acca Laurentia. A tempo debito, i due coniugi rivelarono ai gemelli la loro vera identità, tanto che questi decisero di far giustizia, uccidendo il prozio e rimettendo sul trono il legittimo re, ottenendo l’autorizzazione dal nonno a fondare una città. Ma poiché erano gemelli e quindi non poteva essere adottato il criterio della primogenitura, i due si affidarono agli aruspici che predissero che il fondatore avrebbe visto uno stormo di uccelli. Remo per primo ne vide sei, ma Romolo sostenne di averne visti dodici. Quindi furono acclamati entrambi uno in ordine di tempo e l’altro per il maggior numero. Fu Romolo che, arbitrariamente, solcò il pomerio sul Palatino e Remo osò scavalcarlo per rivendicare il proprio diritto, trovandovi la morte per mano del fratello.
Ecco dunque narrata la leggenda e con essa anche i sette reati sui quali si è fondata la città di Roma: sopruso, strage, stupro, abbandono di minore, omicidio, truffa e fratricidio: ottime basi per l’origine del mondo!
Ma questa storia, da sempre confutata, il 26 gennaio 2007 ha avuto la sua prova: l’archeologa Irene Iacopi ha trovato la leggendaria grotta sotto le rovine della casa di Augusto. Gli archeologi hanno rinvenuto questa cavità ad una profondità di 15 metri, con una struttura di 9 metri di altezza per 7,5 di diametro, con le pareti decorate a mosaici e al centro l’aquila augustea. Alcuni colleghi di Irene Iacopi hanno condiviso l’identificazione di questa grotta con il lupercale altri invece hanno espresso parere diverso.
Fatto sta che le indagini svolte su questa grotta, nonostante gli apporti successivi, portano a considerare una datazione risalente alla prima metà dell’VIII sec. a.C. e quindi ad indentificarla con il mitico Lupercale, ovvero la grotta presso la quale la lupa avrebbe allattato i due gemelli. Luperco infatti è un’antica divinità rurale della mitologia romana invocata a protezione della fertilità e Dionigi di Alicarnasso pare essere entrato in questa grotta, avendola descritta come grande, pietrosa, ricoperta di querce, con una fonte d’acqua sul fondo.
Questo, insieme alla consuetudine – fino al 284 d.C. – di contare gli anni ab urbe condita, vale a dire dalla fondazione di Roma, vanno a convalidare la storia di Romolo e Remo, depauperata ovviamente dell’aura di leggenda.
La reale esistenza della figura di Romolo, inoltre, come effettivo fondatore, primo legislatore e re-sacerdote, è stata rivalutata anche dall’archeologo Andrea Carandini, sulla base degli scavi condotti alle pendici del Palatino, che avrebbero portato anche al rinvenimento dell’area corrispondente alla vera Reggia di Romolo, nonché dell’antico tracciato del pomerio. Ivi sono stati rinvenuti reperti fittili, resti di una palizzata e di un muro in tufo (derubricato come «muro di Romolo») databili con certezza al secolo VIII a.C., circostanza che darebbe conferma anche dell’esattezza cronologica delle fonti storiografiche latine sull’epoca della fondazione di Roma e della consistenza del suo rito di fondazione.
Tracce del passaggio di Romolo sono, tra l’altro, attestate nel Foro romano, quale, per esempio, la lapis niger, mitica pietra tombale di Romolo. Proprio a febbraio 2020, inoltre, nella zona sottostante la scalinata di accesso alla Curia, è stato rinvenuto un cenotafio ipogeo dedicato al suo culto, contenente un sarcofago della lunghezza di circa m 1,50, che alcuni studiosi hanno ipotizzato possa essere stata la sua tomba, corrispondente in modo abbastanza preciso alla statura media degli uomini di quell’epoca.g
In ogni caso, storicamente a Romolo si ascrivono numerose istituzioni: organizzò l’esercito, sulla base della popolazione adatta alle armi; istituì un’assemblea a cui diede il nome di Senato e istituì il diritto di asilo, a quanti erano stati banditi o fuggivano dalle città vicine; introdusse la proprietà terriera privata a Roma, che sarebbe poi andata in successione agli eredi, il cui termine è di diretta derivazione da heredium, ovvero la quantità di terra attribuita ad ogni gens.
Romolo stabilì anche una legge secondo la quale una moglie non potesse lasciare il marito. Al contrario la donna poteva essere ripudiata se tentava di avvelenare i figli o in caso di adulterio. E nel caso in cui fosse stata ripudiata per altri motivi, il marito era tenuto a versarle una quota del suo patrimonio.
La tradizione vuole anche che proprio Romolo abbia istituito per primo il Calendario romano, esattamente un calendario lunare con inizio alla luna piena di marzo e costituito da 10 mesi.
Tutta la zona romana che si apre alle pendici del Palatino e corre verso il fiume è il luogo ove sono più facilmente rintracciabili gli albori della civiltà romana: il Foro Boario e il Foro Olitorio, entrambi aree di mercato della città arcaica frequentate anche da mercanti greci.
Chissà se la diatriba tra i fratelli nacque veramente per la scelta del nome da dare alla città fondata. Se così fosse stato, è veramente da pensare che la scelta di Romolo nacque dal cuore visto che il bifronte di Roma è amoR!
Anna Maria
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