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Le Antiche Osterie di Roma

  • La strada è lunga, ma er deppiù l’ho fatto:
    so dov’arrivo e nun me pijo pena.
    Ciò er core in pace e l’anima serena
    der savio che s’ammaschera da matto.
    Se me frulla un pensiero che me scoccia
    me fermo a beve e chiedo aiuto ar vino:
    poi me la canto e seguito er cammino
    cor destino in saccoccia.

Trilussa

Si può dire che le osterie in qualche modo abbiano “fatto” la storia della nostra città, perché un’osteria non è solo un luogo dove mangiare in abbondanza e bere del buon vino: l’osteria è molto di più! È accoglienza, comunione e scambio di idee, storia, tradizione, è l’anima della città…. insomma l’osteria è la romanità!

Il termine osteria, o più precisamente hostaria, viene dal latino hospes, ovvero ospite. L’osteria è infatti nata per ospitare le famiglie di tutti coloro che da fuori città venivano a lavorare per alcuni giorni e avevano bisogno di un posto caldo dove potersi rifocillare.

Sono sempre stati dei luoghi a conduzione familiare: l’ostessa preparava piatti gustosi e abbondanti, mentre l’oste si preoccupava di soddisfare i propri clienti con del buon vino rosso.

Il vino a Roma ha delle misure ben precise:

  • Er tubo = 1 l
  • ‘a foglietta =1/2 l
  • Er quartino = ¼ l
  • Er chierichetto = 1/5 l
  • Er sospiro = 1/10 l
     

Il vino arrivava di notte dai Castelli Romani su dei carretti, che scricchiolavano con le loro ruote sul basolato, prima, e i sampietrini, poi, e conciliavano il sonno ai Romani. 

Ci fu un carrettiere Francesco Porcelli, detto Checco, l’ultimo carrettiere di una famiglia attiva dal XV secolo, che nel 1936 decise di aprire una propria osteria. Da Checco si beveva e si beve “er vino bbono!”.

Ospiti illustri come Ennio Morricone, Federico Fellini, Sergio Leone andavano spesso a mangiare da lui. Un cliente abituale era certamente Trilussa, grande poeta dialettale, ottimo bevitore ma dal carattere capriccioso. Un giorno si rifiutò di bere il vino di Checco nei nuovi calici decorati con il carretto, giurando: “Io qui non c’entro più!”. Ma dopo qualche tempo si rifece vivo sul calessino fermandosi all’entrata dell’osteria: il buon vino di Checco ebbe la meglio sulla sua proverbiale puntigliosità.

Immaginate la scena? 

Trilussa sul calesse fuori dal locale: Chiamateme a Checco
e Checco davanti alla porta con le mani ai fianchi: “mbe? ‘n’avevi detto che nun c’entravi più?
 e Trilussa, tagliente: “Ho detto che nun c’entro più, ma qui fori bevo quanto me pare!“. 

Oggi l’osteria di Checco è rimasta alle sue nipoti che l’hanno conservata e che con amore curano il luogo mantenendone le tradizioni e le antiche abitudini di una volta!

Come Checco er carrettiere sono poche le osterie romane di una volta ancora rimaste intatte: molte sono state totalmente ristrutturate divenendo dei ristoranti d’èlite oppure dei luoghi più adatti al turista che al romano d.o.c., altre ancora sono andate perdute e rimangono solo nella memoria di alcuni.

Eppure, nonostante tutto, le osterie romane continuano ad emanare fascino e a soddisfare gli amanti della buona cucina!

Un luogo magico dai sapori di una volta è “Dar Buttero” a Trastevere: già le spesse mura antiche e l’arredamento ci immergono in un’atmosfera d’altri tempi, ma quel che ci avvolge è soprattutto l’odore di cucina, cucina romana, quella BBONA, e rigorosamente autentica. E sì, perché ogni piatto che viene servito esce direttamente dalle mani della proprietaria che nelle quinte di una cucina a vista sforna pizze e pasta all’uovo, matriciane, carbonare e cacio e pepe…e tanto altro ancora!

Isabella Leone

 

Visita guidata tematica: Le Antiche Osterie

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