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Le Sette opere della Misericordia: una critica esplicita alla “carità assistenzialistica”

<< Cosa dire di una composizione come Le Sette Opere di Misericordia dove ci vengono presentati i soli piedi di un cadavere portato a seppellire, una giovane isterica che offre il petto a un vecchio, alcune figure giorgionesche occupate in indecifrabili attività, e un uomo – c’è da supporre un medico – che guarda in controluce il contenuto di un bicchiere?>>

Queste le parole di Bernard Berenson, storico dell’arte statunitense, che nel 1951, al cospetto dell’opera di Caravaggio, fece una lettura superficiale e fuorviante di un dipinto che è invece un capolavoro.

Già la sola visione della Madonna col Bambino, attorniata da due figure angeliche che sovrastano una scena affollata ambientata nei vicoli di Napoli, riempie anima e cuore; ma il dipinto è incredibilmente fedele allo spirito del Catechismo redatto dal Cardinale Roberto Bellarmino del 1597 che, seguendo la corrente pauperista in seno alla Chiesa della Controriforma, propugnava il ritorno ai valori più puri del Vangelo e di conseguenza alla pratica delle opere di Carità come mezzo di espiazione e di elevazione spirituale.

Ma vediamo il contesto.

L’opera fu commissionata al Merisi durante il suo soggiorno napoletano dal Pio Monte della Misericordia, un’istituzione laica di recente fondazione (1602) dai sette nobili napoletani fondatori che, consapevoli delle necessità di una popolazione bisognosa di aiuto e di solidarietà, decisero di devolvere parte dei propri averi ed il proprio impegno alle opere di carità.

Caravaggio, stravolgendo gli schemi compositivi tradizionali, dispone l’iconografia essenzialmente su due livelli: nella parte alta la Madonna con Gesù bambino e angeli, e nella parte bassa le sette opere di Misericordia tutte insieme, simultaneamente in tempo, luogo e spazio.

Guardiamo la narrazione.

In alto a sx l’uomo che si disseta con l’acqua che sgorga dalla mascella d’asino=”dar da bere agli assetati”. Caravaggio fa ricorso al passo biblico “Sansone bevve, il suo spirito si rianimò, ed egli riprese vita“.

Sotto: l’oste indica con il dito indice l’alloggio ai due pellegrini=”dare alloggio ai pellegrini”: un chiaro riferimento all’agiografia popolare di San Giacomo de Compostela, l’apostolo di Gesù.

Dei due pellegrini, il giovane dal cappello piumato divide il suo mantello con l’ignudo e si rivolge al personaggio accasciato=”vestire gli ignudi e visitare gli infermi”: il riferimento è all’agiografia popolare “si narra che San Martino camminando per la strada vide un vagabondo che coperto di soli stracci non riusciva a ripararsi dal freddo e dalla pioggia. Voleva dargli del denaro così che potesse comprarsi una coperta ma non aveva neanche uno spicciolo in tasca. Così diede metà del suo mantello al vecchio. Per la strada San Martino non riusciva a ripararsi dal brutto tempo ma in poco tempo uscì il sole. La notte San Martino sognò Gesù che lo ringraziava mostrandogli la metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona“.

In basso a dx: la donna che allatta il vecchio: “dar da mangiare agli affamati” + “visitare i carcerati” è un chiaro richiamo al Factorum et dictorum memorabilium libri IX, scritto dallo storico romano Valerio Massimo, vissuto in epoca augustea “Il vecchio Cimone era stato condannato a morte e questa doveva essere per fame. La giovane figlia Pero gli fa visita ed avendo da poco partorito, gli porge il seno gonfio di latte per nutrirlo. Quando viene scoperta dai funzionari, questi vengono fortemente impressionati dall’immenso altruismo del suo gesto e commossi liberano il vecchio Cimone

Sopra: il becchino ritratto di spalle e il diacono con la torcia che va ripetendo l’ufficio dei morti=”seppellire i morti”.

Narrate tutte le opere misericordiose secondo una personale e terrena interpretazione, Caravaggio stravolge l’iconografia classica ulteriormente inserendo il Bambino, conferendogli altresì un ruolo centrale seppur non miracoloso che, unito a Sua Madre, alluderebbe al ruolo della Chiesa nella promozione e nella pratica delle opere, lettura questa supportata dal mantello di San Martino, dipinto come una forma elicoidale che, prolungandosi dalla figura di Maria attraverso il braccio proteso dell’angelo, giunge all’ignudo, unendo idealmente benefattrice e beneficato.

L’innovativo inserimento di Gesù bambino esplicita il convincimento teologico del pittore del primato di Cristo sull’azione della Grazia, così intimamente connessa alle opere di misericordia e alla salvezza.

Gli angeli, che con le loro poderose ali sorreggono in un abbraccio la Madonna e il Bambino, alludendo alla tematica della fratellanza, hanno il ruolo di osservare lo svolgimento delle opere di carità rese possibili e meritorie attraverso il dono gratuito della Grazia della Madonna concessa dal Cristo; la mano tesa dell’angelo, l’ombra dell’angelo di destra che si riflette sul muro del carcere, il penetrare dell’ala tra le sbarre della prigione sembrano trasmettere la grazia agli uomini nel mondo terreno.

Tutto ciò si traduce nella certezza che l’umanità possa essere redenta attraverso l’osservanza dei comandamenti, dei precetti evangelici, dell’adempimento delle opere e mediante il dono gratuito della Grazia.

I due registri indipendenti insegnano che è il mondo celeste e soprannaturale che attua “collegamenti” con quello terreno e non viceversa: nessuno dei personaggi della parte bassa, infatti, mostra interesse per la presenza del gruppo celeste in alto, anzi ne è ignaro. L’azione misericordiosa è dunque compiuta come un doveroso impegno civico senza alcuna mira di salvazione. Questo spiega l’altra innovazione rispetto alla iconografia classica: non v’è presenza del giudizio finale.

Caravaggio quindi ribalta la convenzionalità del rapporto tra l’umano e il divino: da tradizione, il divino è un evento straordinario che sconvolge la vita dell’uomo, qui è invece dimostrato che il divino è una dimensione che viene rivelata attraverso gli atti umani.

Evidente la contestazione di Caravaggio verso l’atteggiamento della società napoletana che praticava la carità non con uno spirito cristiano evangelico ma meramente come pratica di “sanamento sociale”.

Un vero e proprio attacco alla “carità assistenzialistica” dei suoi stessi committenti, tipico dei quadri di Caravaggio, che dipingeva per ispirazione, comunicando, attraverso i suoi dipinti, il suo pensiero, la sua profonda fede e la sua consapevole conoscenza delle Sacre Scritture.

Anna Maria

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