Il 24 aprile 1585 salì al soglio Felice Peretti col nome di Sisto V
Ora, lui voleva diventare famoso ovvero lasciare un’impronta indelebile del suo pontificato. Non di certo per quello che poi fu ricordato cioè “er Papa tosto” o “Papa Sisto non la perdona manco a Cristo”, ma per qualcosa di veramente grandioso
In quei soli cinque anni di regno si fece promotore di progetti veramente straordinari: uno fu quello di porre un obelisco davanti ad ogni chiesa e iniziò subito dopo la sua elezione una campagna di rinvenimento degli obelischi che erano stati abbattuti durante le invasioni barbariche fino a realizzare questo progetto, anche se solo in parte: gli obelischi Vaticano, Laterano, Esquilino, Piazza del Popolo ne sono un esempio. Il progetto non si interruppe con la sua morte: se ci fate caso a Roma gli obelischi sono quasi tutti davanti ad una chiesa!
Ma questo non fu l’unico grande progetto. Ce ne fu un altro, grandioso, e molto utile! Solo che questo non nacque a beneficio della cittadinanza ma a suo utilizzo esclusivo ed attingendo dalle casse dello Stato!
Nel 1570 Felice Peretti, poco dopo essere stato creato cardinale, acquistò un terreno che occupava un vasto territorio tra i colli Quirinale, Viminale ed Esquilino dal medico romano Guglielmini per ben 1550 scudi: un’affarone!
Tuttavia, per non destare sospetti nel papa (Gregorio XIII Boncompagni) sulla sua immensa fortuna ancora non dichiarata, fece figurare come acquirente sua sorella Camilla, ex lavandaia, “sposata bene” e imparentata meglio, che anticipò i protagonismi di Donna Olimpia Maildachini: sempre al suo fianco, quasi “ombra”, una volta che Felice divenne papa, influenzò la Curia e controllò le strategie matrimoniali per le pronipoti, tutto per accrescere il già ingente patrimonio della famiglia.
Ma l’accorto Felice, quando Camilla passò la proprietà in dote alla nuora Vittoria Accoramboni, si affrettò a riprendersi la vigna e la unì alle altre due che aveva nei dintorni, raggiungendo così una proprietà che aveva ben 6 chilometri di perimetro: altro che vigneto!
E infatti l’ancora cardinale commissionò a Domenico Fontana la costruzione di un palazzo talmente sontuoso che il papa tentò di revocargli l’appannaggio annuale.
Ovviamente il Peretti mischiò le carte e il papa non riuscì nell’intento di risparmiare quei denari.
La Villa consisteva in due edifici principali: un palazzo di fronte alle Terme di Diocleziano, noto come “Palazzo di Sisto V alle Terme”, demolito alla fine del XIX secolo per consentire la costruzione del gigantesco complesso della principale stazione ferroviaria di Roma, il cui nome “Termini” è memoria di quel che c’era, e l’altro era il “Casino Felice”, limitrofo a Santa Maria Maggiore
Una grande villa elegante, dunque, dove si poteva fare di tutto: cacciare, passeggiare, ricevere… e per abbellirla necessitava acqua.
Ecco allora l’altro grandioso progetto: ripristinare un acquedotto!
Frattanto il cardinale era diventato papa e il 28 maggio 1585, nello stesso anno del suo elevamento al pontificato, Sisto V acquistava da Marzio Colonna, per la somma di 25.000 scudi, i terreni ove scaturivano le acque dell’antico Acquedotto Alessandrino, costruito da Alessandro Severo nel III secolo d.C.. Il progetto di convogliamento delle acque fu affidato a Matteo Bortolani, di Città di Castello, “esperto architetto di quel tempo ed in tali affari versato“, i cui errori di calcolo sulla pendenza delle condutture fecero sì che l’acqua “si faceva retrograda al suo disegno, tornando indietro“. Dopo aver speso invano 100.000 scudi (delle casse pontificie!) il papa affidò allora il progetto all’architetto Giovanni Fontana, fratello del più noto Domenico. Scrisse il Fontana, in una sua relazione sui lavori, che fu “forzato a ricercar altre acque per quelli monti di maggior livello, facendo molte migliaia di tasti, sin tanto che in numero di 50 e più luoghi rinvenni la desiderata quantità d’acqua, altrimenti il detto Pontefice aveva buttato tutta la spesa“, che assommerà alla fine a quasi 300.000 scudi.
Nell’agosto del 1586 Camilla Peretti portò all’augusto fratello la bottiglia con la prima acqua immessa nelle condotte la quale, analizzata dai farmacisti di Castel Sant’Angelo, fu trovata – forse con una qualche cortigianeria – la migliore delle acque potabili sgorganti in Roma.
E finalmente le fontane della sua Villa Montalto zampillavano!
Come non ricordarlo però con una grandiosa fontana, una “mostra” come si chiamò da allora, che recasse il suo nome e la sua impresa?
Transitando su Largo Santa Susanna, non ci colpiscono solo le tre chiese. Anzi quelle forse non le vediamo. Ci colpisce una fontana con un massiccio Mosè. Su, in cima, si legge: «Papa Sisto V piceno, dall’agro Colonna sulla sinistra della via Prenestina, raccolse l’acqua da molte sorgenti dal ventesimo al ventunesimo miglio, per un condotto sinuoso e lo chiamò Felice dal nome avuto prima di divenire pontefice» e subito sotto un’altra iscrizione precisa che l’opera « iniziò nel I e terminò nel III anno del pontificato 1587»
E per realizzarla furono “saccheggiate” le vicine Terme di Diocleziano (questo non c’è scritto, perché il riuso era consuetudine).
Ma quel Mosè raffigurato nel nicchione centrale è più largo che alto!
Questo non fu il solo errore del povero scultore Leonardo Sormani. Pressato per la consegna dell’opera dal papa, realizzò un Mosè che indica le acque miracolosamente scaturite dalla roccia e che tiene in mano le Tavole della Legge che non aveva ancora ricevuto all’epoca di quel miracolo
Oltre l’anacronismo, la statua, per quanto intenda rifarsi al modello michelangiolesco, si presenta tozza ed enfatica, tanto da essere battezzata dai Romani il “Mosè ridicolo”. È infatti sproporzionata ed un po’ grottesca, tanto che il giorno dell’inaugurazione il popolo sentenziò che il “Mosè” fosse accigliato per essere stato creato da uno scultore inetto. E alle pesanti critiche, si aggiunse anche Pasquino:
Guardo con occhio torvo
l’acqua che sgorga ai pié
pensando inorridito
al danno che a lui fe’
uno scultor stordito
E ancora
È buona l’acqua fresca e la fontana è bella
Con quel mostro di sopra però non è più quella
O tu, Sisto, che tanto tieni alla tua parola
Il nuovo Michelangelo impicca per la gola
Da qui la falsa leggenda che il povero Sormani si tolse la vita per la vergogna. Certo è che non visse a lungo: morì nello stesso anno del Papa!
Anna Maria
Visita guidata tematica: Santa Maria della Vittoria, dove l’Arte raggiunge l’estasi