È probabilmente una delle “Madonnine” più note, una di quelle che si usava tenere in casa come immagine devozionale.
È la Madonna con Bambino e Angeli di Filippo Lippi, conservata agli Uffizi di Firenze e nasconde uno scandalo rinascimentale.
Uno scandalo dalla forte eco che sconvolse la città di Prato e non solo, in un’epoca, come la metà del Quattrocento, che difficilmente poteva digerire un fatto di tale entità.
Ma veniamo alla storia.
Correva l’anno 1456 e Fra Filippo Lippi arrivò a Prato da Firenze per un incarico speciale
Lui, monacato a forza dalla famiglia all’età di 15 anni, la vocazione proprio non la sentiva e si era concesso varie libertà; nonostante questa inosservanza però, aveva fatto una discreta carriera ecclesiastica ed era stato nominato cappellano del monastero pratese di Santa Margherita.
La verità è che quella nomina gli era stata conferita perché era stata richiesta la sua opera per affrescare la cappella maggiore del Duomo di Prato: l’incarico era stato rifiutato da un altro frate, il Beato Angelico, forse perché troppo anziano per l’impresa, e il committente – il Preposto del Duomo Geminiano Inghirami – chiamò il Lippi che era comunque uno degli artisti migliori tra quelli attivi sulla scena fiorentina. D’altra parte l’Inghirami, quale umanista ed estimatore dell’arte più all’avanguardia nell’orizzonte fiorentino, commissionò spesso opere ad artisti rinascimentali e spesso riuscì a farli arrivare a Prato: il più che famoso pulpito esterno alla cattedrale vede la mano di Donatello e Michelozzo.
Ma anche il convento ove era cappellano volle un’opera che celebrasse quella reliquia della quale Prato è tanto orgogliosa: la Sacra Cintola di Maria.
Siamo nel Rinascimento e un pittore vuole avere avanti ai suoi occhi quello che deve dipingere; e così per il volto purissimo di Maria la badessa indicò come modella la giovanissima Lucrezia Buti, anch’ella monacata a forza per le ristrettezze economiche della famiglia.
Tra i due fu scintilla!
Il cinquantenne Fra Filippo non nuovo alle trasgressioni, travolto dalla passione e con grande scandalo, rapì la giovane e bellissima monaca in occasione della processione della Sacra Cintola, facendola stabilire nella propria casa, a poca distanza dal Duomo. Fu seguita dalla sorella Spinetta e da altre tre consorelle, che però, a differenza di Lucrezia, tornarono presto in monastero per placare lo scandalo suscitato.
Ma, d’altra parte Lucrezia, che sicuramente fu ben felice di abbandonare il convento, come avrebbe potuto ritornarvi? Di lì a pochi mesi partorì il primogenito Filippino: altro che scandalo!
Nonostante la loro relazione fosse osteggiata in tutti i modi dalla Curia, i due furono una coppia stabile e nel 1465 ebbero una seconda figlia, Alessandra.
Forse questa nascita ispirò il Lippi che in quell’anno realizzò la sua opera più nota: la “Lippina”, così chiamata perché è una celebrazione della sua famiglia.
Densa di significati e di antitesi concettuali, vede ritratto nell’angelo sorridente il figlio Filippino, che sarà altro grande pittore, nello sgambettante Gesù la piccola Alessandra, mentre il volto purissimo e mesto di Maria è quella bellissima ragazza che fu la sua compagna.
Sì perché, nonostante grazie all’intercessione di Cosimo de Medici, mecenate del pittore, Papa Paolo II avesse sciolto dai voti la scandalosa coppia, i due non convolarono mai a nozze. Vasari racconta che “Fra Filippo preferiva fare di sé e dell’appetito suo come gli pareva”.
Anna Maria