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La Natività palermitana

Un fatto di cronaca ispira l’ultimo romanzo di uno dei maggiori scrittori contemporanei, Leonardo Sciascia.

L’evento tace per lungo tempo, finché non viene portato alla ribalta delle cronache per le dichiarazioni di un pentito di mafia, Francesco Marino Mannoia, a Giovanni Falcone, il compianto magistrato.

Era la notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 e dall’Oratorio di San Francesco e San Lorenzo a Palermo veniva trafugata la pala d’altare.

Un olio su tela di cm 268 x 197 che racconta la nascita di Cristo, traducendo un realismo autentico che rende l’episodio “vero”.

Nella “Natività palermitana” ogni personaggio è colto in un atteggiamento spontaneo: San Giuseppe ci volge le spalle ed è avvolto in uno strano manto verde. Sicuramente molto giovane rispetto all’iconografia tradizionale, dialoga con un personaggio che si trova dietro la figura di san Francesco d’Assisi, forse fra’ Leone.

La presenza di san Francesco è sicuramente un tributo all’Oratorio; la figura a sinistra è San Lorenzo.

La Madonna, qui con le sembianze di una donna comune, con la mano poggiata sul ventre dolorante, rapita dal pargolo adagiato su uno scarso cumulo di paglia, ha un aspetto estremamente malinconico che già presagisce il destino del figlio.

La testa del bue è chiaramente visibile, mentre l’asino si intravede appena.

Proprio sopra il Bambino vi è infine un angelo planante, simbolo della gloria divina.

Ciò che conferisce particolare drammaticità all’evento è il gioco di colori e luci.

Autore di tale magnificenza, non può essere che quel pittore che ritrae i santi e le madonne con le fattezze degli emarginati, dei poveri che ben aveva conosciuto durante il suo peregrinare e fuggire in lungo e in largo per l’Italia. Il pittore è Michelangelo Merisi, il grande Caravaggio.

Riconoscere nelle sembianze della Madonna il volto di Fillide Melandroni, una delle modelle romane di Caravaggio, ha portato i ricercatori a rintracciare la committenza nel commerciante Fabio Nuti che aveva relazioni con l’oratorio e a dedurre quindi che il dipinto sarebbe stato realizzato durante la permanenza a Roma ed esattamente nel 1600.

Il dipinto, oggi tra i 10 più ricercati dalle polizie di tutto il pianeta, ha un enorme valore.

Proposto come oggetto di scambio nella trattativa Stato-mafia, sarebbe stato bruciato – stando alle rivelazioni di Gaspare Spatuzza – perché rosicchiato dai topi.

Per quasi cinquant’anni l’altare dell’oratorio si è mostrato ferito, mutilato.

Ma dal 2016, grazie a Sky, che ha commissionato al laboratorio Factum Arte di Madrid, la replica è stata riposizionata nel luogo per il quale Caravaggio l’aveva dipinta.

Un oltraggio al pittore?

Assolutamente no! Il Merisi si infuriava se veniva imitato, ma si fregiava di avere molte repliche!

Riscoperto da Roberto Longhi, Caravaggio che è stato nell’oblio per secoli dopo la sua morte, è oggi una star.

E grazie alla ricerca, è sfatata anche quell’aurea di “pittore maledetto” che lo aveva avvolto dopo il suo “ritorno”.

A distanza di quattrocento anni, la sua pittura è quanto mai vera, autentica, attuale.

Il libro di Leonardo Sciascia, “Una storia semplice”, ha ispirato il film “Una storia senza nome”.

Anna Maria

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