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Misteri ed ombre della Città di Roma

L’immagine di copertina è uno scatto di Felicia Napoli, socia Calipso

Ombre, misteri e leggende colorano da sempre l’Italia.
Ma la singolarità è che moltissimi siano nel cuore della cristianità, a Roma.
Sede delle Porta Santa, la Città Eterna è anche sede della Porta Alchemica di Villa Palombara: lato santo e lato occulto.

A Piazza Vittorio, zona ricostruita in epoca umbertina, resta poco di quel che fu la proprietà del marchese Massimiliano Palombara. Ma una delle porte del palazzo, quella su cui nel 1680 apparvero misteriosi simboli, è ben in vista.

La paternità è opera di un alchimista eccellente, Giuseppe Francesco Borri, per alcuni un misterioso sconosciuto che studiava la trasmutazione degli elementi in oro, per altri un semplice truffatore che si è approfittato del credulone marchese. Scomparve attraversando la “porta magica”, lasciando dietro di sé pagliuzze d’oro e un foglio con enigmi e simboli magici contenente il segreto della pietra filosofale. Ad oggi i simboli non sono stati del tutto decifrati, così come non è chiaro se la porta sia una via d’accesso per il Paradiso o per gli Inferi.

Siete mai stati a Piazza del Gesù? Vi ha sorpreso quella forte corrente d’aria che tira, anche nelle giornate afose? Ebbene, è “la brezza del diavolo”! La leggenda vuole che Lucifero si ingelosì furiosamente della bellezza della Chiesa e su un carro demoniaco trascinato dal vento arrivò nella notte ai piedi dell’edificio per distruggerlo. L’alba improvvisa lo colse e, nella fretta di fuggire, abbandonò sul piazzale il vento.

A Piazza Navona protagonista è invece l’anatema di una strega che, perfida e rabbiosa, scagliò in tempo immemore la “maledizione degli amanti”: sconsigliato agli innamorati girare in senso orario intorno alla Fontana dei Quattro Fiumi, pena la rottura della relazione entro sei giorni!

Ma il mistero è ancor più fitto se Roma la si vive di notte.

Spiriti inquieti vi passeggiano.

Non è affatto un segreto che la Città Eterna nasconda molte leggende mistiche, storie di amori e di tradimenti.

La storia pervade ogni strada dell’Urbe, ogni via, ogni pietra. E chi l’ha percorse vi ha lasciato un segno più evidente che sui libri di storia, perché vive nel folklore popolare.

Uno dei più noti fantasmi è quello di Bruto, che dopo esser stato complice dell’assassinio di Giulio Cesare, dovette fuggire da Roma come tutti i congiurati. La leggenda racconta che nella notte che precedette la sua morte, gli apparve il fantasma di Cesare: “Ci rivediamo a Filippi” – gli disse. E così fu. Da allora, nel locus sceleratus (Largo Argentina), il punto in cui cadde il corpo senza vita del grande condottiero – suo padre adottivo ma probabilmente anche naturale – si può ascoltare la voce di Bruto, pieno di rimorsi.

Ma anche Giulio Cesare compare: a Piazza San Pietro, dove la sfera che sormonta l’obelisco è stata sua dimora eterna finché i Lanzichenecchi non l’hanno bersagliata con i loro archibugi. È da allora che il suo fantasma girovaga spingendosi fino a Castel Sant’Angelo.

Su Ponte Sant’Angelo ogni 11 settembre, ricorrenza della sua esecuzione, è possibile incontrare lo spirito della povera Beatrice Cenci. È un corpo decapitato quello che passeggia, vestita di lilla con un mantello argentato sulle spalle e la testa mozzata tra le mani.

Se quello stesso ponte fosse attraversato da un uomo dalla cappa rossa, diffidate: è Giovan Battista Bugatti, meglio noto come Mastro Titta, esecutore di ben 514 condanne. Boia per vocazione, nei suoi taccuini trascriveva la difficoltà di collocare sul ceppo il collo delle donne a causa delle misure a volte esili delle stesse e delle manovre per accomodarle in modo adeguato a staccare la testa dal resto del corpo seccamente con una spada. La letteratura e la cinematografia è ricca di citazioni su di lui, anche eccellenti come George Gordon Byron e Charles Dickens al quale, in particolare, rimase impresso il colore scarlatto del suo mantello.

Verso via di Santa Maria dell’Anima, nelle notti di luna piena, pare sia possibile vedere al primo piano della finestra di Palazzo Tuccimei, le mani di Costanza d Cupis, giovane nobile romana particolarmente nota per la bellezza delle sue mani. Tanto belle da ispirare l’arte di Bastiano che ne riprodusse una in gesso e la espose nella propria bottega di Via dei Serpenti adagiata su un cuscino di velluto rosso, attirando vere e proprie processioni di persone che si recavano nel suo studio per ammirarle. La disapprovazione di un frate domenicano della vicina chiesa di San Pietro in Vincoli non tardò a manifestarsi e provocò angoscia nella povera Costanza. Paura motivatissima: mentre cuciva, si punse. L’infezione fu veloce ed implacabile e, nonostante l’amputazione di entrambe le mani, la donna morì di lì a poco per setticemia.

Sempre nelle notti di luna piena, nell’adiacente Piazza Navona, è la volta di Donna Olimpia Maildachini che imperitura esce dal suo palazzo con l’oro che rubò mentre il Papa Innocenzo X era sul letto di morte. Ma la carrozza è ormai trainata da cavalli infernali che dietro di sé lasciano una scia di fuoco. Il suo fantasma attraversa il Ponte Sisto e corre verso Villa Pamphilj, ma in un tratto della via Aurelia la terra si apre e i diavoli la risucchiano nell’inferno: esattamente sotto l’arco Tiradiavoli!

Una storia antica vede come protagonista un uomo bellissimo, colto e nobile, il marchese Luca De Marchettis che a dispetto di come si mostrava nel suo ambiente, brillante ed estroverso, spesso amava trascorre le serate in una solitudine che impegnava, dopo essersi accuratamente travestito, tra i vicoli popolari della città. In queste notti, il marchese seduceva giovani donne che presto si trasformavano in giovani malcapitate. Si racconta infatti che, per paura che le ragazze potessero raccontare i suoi giochi erotici, le uccideva brutalmente. La smania di sangue si trasformò in breve in un passatempo irrinunciabile per il marchese. Un giorno, in preda ai sensi di colpa e, convinto di essere posseduto dal demonio, si sottopose ad un esorcismo che si concluse con il suicidio. La leggenda vuole che prima di gettarsi dalla finestra, il marchese urlò al prete che cercava di liberarlo dal suo demone “tornerò!”. Da allora il marchese, vestito in maniera impeccabile, passeggia per i vicoli di Colle Oppio, per poi tornare nella sua abitazione aprire la finestra per gettarsi nel vuoto ancora una volta. Non a caso in via di San Caledopio c’è una casa disabitata, ormai ricoperta di piante rampicanti che nel quartiere è nota come la casa dei fantasmi.

Ma non finisce qui: girano per le strade della Capitale le anime di Rodrigo Borgia che vuol conoscere il suo assassino, quella di Lorenza Feliciani ancora non troppo pentita di aver denunciato il marito, il Conte di Cagliostro, Messalina fatta uccidere da suo marito per averlo tradito ma che ora sa di essere la vittima delle macchinazioni della terribile zia Agrippina, Targhini e Montanari, i carbonari ghigliottinati a Piazza del Popolo e ancora Giordano Bruno che vede il suo pensiero trionfare su una chiesa che lo voleva offuscare e la bellissima Imperia, cortigiana corteggiata da tutti ma amata da nessuno

Le “presenze” a Roma sono note da sempre e non sono sfuggite a registi e sceneggiatori: tanti sono i film, rappresentazioni teatrali e artistiche che hanno come soggetti fantasmi di anime antiche, ma a Roma sono due le citazioni d’obbligo, una di ieri e una di tempi più recenti: “Fantasmi a Roma” (1961) e Magnifica Presenza (2012).
Il primo fu girato a Palazzo Gambirasi, di fronte alla Chiesa di Santa Maria della Pace e vicino via dell’Anima; l’altro fu girato in un palazzo di Trastevere che, voce di popolo, è realmente infestato!

Anna Maria

Visita guidata tematica: I Fantasmi di Roma

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